mercoledì 30 maggio 2007

carburante

è una giornata soleggiata e ventosa. la sigaretta si è spenta con un piccolo sfrigolio dentro una pozzanghera sul marciapiede. I bambini che passano qui davanti sono innamorati dei girasoli. Il negozio è pieno di colori e oggetti d'ogni genere, ma i bambini notano solo i girasoli. E si sbracciano e li indicano ai loro genitori e ai loro nonni. Io mi sento bene.

Oggi sono andata titubante al mio colloquio del mercoledì col professore, dopo una sua telefonata alle otto e ventitre del mattino che mi informava che le mie pagine erano state viste e corrette. Nessun'altra notizia, ma la voce non prometteva granché.
Mi sono fatta coraggio e mi sono detta che se anche erano tutte sbagliate avrei potuto comunque ricominciare a scriverle da capo. Quelle piccole cose che fanno da carburante. Un pensiero veloce "se sbaglio semplicemente ho sbagliato" e tutto diventa immediatamente accettabile. Sbrigo prima delle dieci tutte le incombenze (oggi tante) della casa e della vita quotidiana, faccio la spesa, pago tre bollette, passo dal negozio per sicurezza. Mi guadagno un caffè dal capo, e anche due chiacchiere carine e generose. E vado.

L'università è il solito via vai di gente che in realtà non vorrebbe essere lì.
Aspetto la solita oretta che delle studentesse giovani si facciano approvare il piano di studi. Quelle che aspettano con me, come al solito, cercano di convincermi che il mio prof è una carogna, un maledetto perfezionista che non si rende conto che il mondo non gira intorno alla sua materia. Di solito non rispondo, mi metto a leggere, oppure mugugno un "ma no, dai...".
Oggi invece mi sono spinta a dire a una ragazza particolarmente aggressiva "ma se sai che è così perché ti ostini tanto a voler dare esami con lui? E' una materia facoltativa..." Il tutto con il mio solito sorriso standard da commessa e la mia -ahimè- proverbiale dolcezza.
Lei non replica. Mi spunta dalla lista delle possibili alleate di pettegolezzo.
Bene.

Quando tocca a me scopro che il prof è contento, che le pagine gli piacciono, che il mio progetto per le prossime gli piace anche di più. Dice "bene, si rimetta al lavoro. E' questa la strada".
Esco contentissima. Mi rendo conto d'un tratto che non ricevevo un complimento su queste cose da tanto, tanto tempo. Mi sento vagamente lusingata ma soprattutto mi sento avvampare dalla voglia di mettermi a scrivere. Come se avessi dato vento alle vele, mi si accavallano possibilità, paragrafi, temi. Ho quasi paura che tutto si perda se non prendo un appunto. Così lo prendo, in piedi, usando la sella della vespa come tavolino e una ricevuta del bancomat come foglio.

e tutta questa gente che sbraita per una volta mi scivola addosso: clienti insoddisfatti e arroganti, gente rozza, soprattutto rozza, incapace di formulare una frase di dissenso che non sia offensiva.
E assaporo il vento e le foglie che volano e il concerto di stasera.

Mi sento bene, mi dico.

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