martedì 25 marzo 2008

ladri di biciclette

Svegliarsi una mattina, presto, che il cielo è nascosto da cinque strati di nuvoloni grigi e spessi. Sentire il sonno legato alle caviglie, prepararsi la colazione nella casa completamente vuota, sentendo persino il rumore dei panni che asciugano stretti stretti sullo stendino. I gesti meccanici, i pensieri ancora agganciati all’ultimo brandello del sogno di cinque minuti prima. Aerei. Mi sembra che fossero aerei.

Alla fine, come sempre, anche se mi sono svegliata un’ora in anticipo riesco ad essere pronta per un pelo. Non riesco a non pensare che stasera la casa sarà di nuovo invasa dal brusio e dalle risate sguaiate. Questo bel silenzio è un desiderio vero, da custodire con cura. E da ricercare con cura.

Arrivo in negozio con le mani congelate.
La strada è deserta, non ci sono nemmeno le signore che fanno la spesa coi carrellini. Poso la borsa accendo le luci.
Sento già i morsi della fame, c’è già bisogno della colazione numero due.

Con questo tempo vorrei un tailleur alla Bergman per sentirmi affascinante. Vorrei non avere il dolore al collo. Vorrei del calore.

Sembra un film neorealista.

Al bar tutti i commercianti della via si stringono al bancone, quelli che parlano del clima e quelli che parlano di calcio. Quelli come me, imbambolati a fissare il ricciolo di fumo sopra la tazza di latte. Alla radio del bar (che dev’essere la Rai, vista la formalità della voce dell’annunciatore) un breve suono introduttivo, poi “messaggio elettorale a pagamento..

Mi sono immaginata anziana, ricordare tutto questo.

(Quelle lontane elezioni del 2008, quella moda, le corse che facevo in vespa, il sonno costante e un paio di stivali col tacco alto che portavo sempre per darmi un certo portamento.)

giovedì 20 marzo 2008

elettricità


Quello che succede in questi giorni a casa e al lavoro prende il sopravvento sulla vita scritta qui.

I giorni sembrano tutti uguali, ma non lo sono per niente.

Sono come le vetrine di un negozio –e questo paragone, si capisce, non è casuale- fuori tutte ordinate e brillanti, dentro polvere, ombre, beghe da risolvere, punti interrogativi.

Cerco di non restare a guardare ma nel frattempo mi sento i piedi freddi e il desiderio di fuga.

Schiele (che amo tanto e si sarà capito visto quante volte ricorrono immagini dei suoi dipinti in questo blog) mi sembra lo specchio preciso di come vanno le cose adesso: la bellezza non manca eppure è tutto terribilmente contorto, come percorso da scariche elettriche.

giovedì 13 marzo 2008

martedì 11 marzo 2008

parentesi autobiografica splatter

Dicono "via il dente, via il dolore"

Oggi il dentista mi fa l'ennesima radiografia e poi dice "Ti devo dire come stanno le cose: il dente è a cavallo del nervo quindi c'è una percentuale di possibilità che l'anestesia non se ne vada e che il nervo, se si graffia, ti resti addormentato per un po' di mesi."
"cioè?"
"ti potrebbe restare addormentato il labbro per un po' di mesi. Ma poi torna normale eh!"

Nella mia mente scorrono come scritte a macchina le parole "un po' di mesi".
Non penso al labbro, non penso a dire, fare, baciare; penso al mio viaggio di fine aprile.
Metto su un piatto della bilancia il mal di denti in viaggio e sull'altro piatto il rischio.

Decido per il rischio.

E' andata bene, anche se è stata una cosa truculenta.
Mi sento intontita, strapazzata, stanca morta.
Mi sento come chiusa in un barattolo e mi sembra che tutto intorno vada a rallentatore.
Bere un bicchiere d'acqua è un impresa, mangiare un po' meno, ma sempre stile neonato: biberon di latte con biscotti sciolti dentro. E antidolorifici.

Vorrei essere abbracciata per tutta la notte.
Ecco l'unico antidolorifico che potrebbe servire davvero.

mercoledì 5 marzo 2008

nell'attesa

Oggi, super corsa in motorino per arrivare puntuale al ricevimento, e come sempre -secondo un corollario della legge di Murphy- quando sono puntuale io non sono puntuali gli altri e viceversa. Sono rimasta molte ore ad aspettare prima di parlare col mio Professore.
All'inizio, seguendo un suo suggerimento, sono andata al bar a fare colazione, ma poi faceva troppo freddo per restare fuori a fumare o a leggere, così mi sono messa a sedere su una panca nello stesso corridoio della stanza del Professore, in un angolo un po' defilato, col fido Murakami in grembo.
Ho letto molto, ma mentre leggevo ho anche pensato molto.
Sono sempre un po' timida fra i ventenni neo iscritti, quando capita che mi chiedano informazioni non sono mai veramente sicura di darle giuste, sono cambiate talmente tante cose da quando ero io, la ventenne neoiscritta.

Mi è venuto in mente un giorno che stavo seduta proprio sulla stessa panca in attesa di dare un esame di letteratura inglese insieme alle mie due compagne di corsi/sorelline-amichette. Siamo tre tipe diversissime una dall'altra e anche le nostre vite hanno preso pieghe molto diverse, ma ci vogliamo bene e per gli esami eravamo una grande squadra, una macchina da guerra di appunti, schemi e ripassi.
In attesa dell'esame siamo sempre state sorridenti più che impaurite.

Per quell'esame lì eravamo accompagnate da fidanzati vari e conoscevamo tutti. Quindi eravamo un piccolo crocchio cinguettante.
E mi sono ricordata, più che dell'esame, del dopo esame, quando siamo sciamate tutte e tre al bar di sotto a festeggiare col cappuccino.
A quell'epoca, devo dire, il cappuccino era l'alimento principale della nostra dieta.

La nostalgia mi sembra uno dei sentimenti più pericolosi che esistano al mondo. Costringe all'immobilità. E infatti la scaccio, quasi sempre, anche perché ci sono pochi episodi del mio passato che mi rendano nostalgica (la maggior parte mi rende nervosa, se non arrabbiata). Ma in questo caso più che nostalgia ho provato della tenerezza, per quell'ingenuità e per quella voglia di assaggiare tutto e di mordere tutto e quella sensazione che tutto e il contrario di tutto fosse possibile.
E' forse davvero l'essenza stessa dela giovinezza, come diceva Penna.
[Che di sicuro ho già citato da qualche parte, ma è tutto il giorno che mi gira in testa, e poi son due versi così semplicemente perfetti..]

Forse la giovinezza è solo questo
perenne amare i sensi e non pentirsi