lunedì 30 gennaio 2012

interiors

Fa così freddo che ho tirato fuori da chissà dove una vecchia giacca da sci verde, che mi trasforma in una cosa tonda e morbida e che mi fa lo stesso effetto del piumone la mattina: non vorrei mai uscirne.
Guardo il cielo, così limpido, e penso: "nevicherà".
Penso: "ma sì, copriamola di neve questa città così grigia, questo posto buffo dove mi sento allo stesso tempo una pietra di ogni marciapiede e un'estranea, copriamolo di neve e vediamo quest'anno cosa succede".
L'anno scorso si è paralizzato tutto, e tutto si è coperto di silenzio e di persone che correvano nei posti a piedi.
Forse ci vorrebbe.
Perché adesso che ci penso, le cose stanno correndo e io non le so acchiappare.
Perché per esempio, essere l'altra sera in un posto pienissimo di gente a sentire un concerto meraviglioso, mi ha fatto come rinascere.
Anche essere abbracciata da sconosciuti e guardata con curiosità dopo, non è stato da meno.
Allora cos'é? Ho solo fatto finta che tutto questo non esistesse più?
Ho creduto di poterne fare a meno, mentre tutti facevano le loro corse e io mi accoccolavo sotto il plaid a tradurre e a leggere convinta che quella fosse l'unica cosa capace di portarmi gioia?

Forse.
O forse è un ultimo rigurgito di un mondo che non c'è più, punto e basta.
Non so che pensare e mi sento come in altalena.
Let it snow.

domenica 15 gennaio 2012

fire

Nel 2012 mi sveglio una mattina in una stanza viola, fuori c'è il sole e si sente il rumore del vento fra gli alberi. Passeggio vicino all'acqua, poi respiro forte l'aria fredda di gennaio.
Nel 2012 racconto storie e poi le scrivo, e poi mi rendo conto che le sto raccontando solo a me stessa. Ho visto tante notti e la luna piena, e ho visto una nave enorme accasciata come un animale smarrito di fronte alle coste della mia regione. E improvvisamente il telegiornale è diventato un film, e tutto quello che si raccontava sembrava un film: i poliziotti con in braccio i bambini, le persone avvolte nelle coperte, la pila di salvagenti rossi ammucchiati al porto e il freddo che bucava lo schermo e faceva tremare le ossa anche dal divano.
Nel 2012 ho visto uscire la mia prima opera tradotta, che non è un romanzo, e che non è l'autore dei sogni, ma c'è il mio nome sopra, e fa comunque un certo effetto. E poi ho visto uscire una raccolta di poesie meravigliose: lì il mio nome sopra non c'è, ma è come se ci fosse, e fa da carburante, è come un calore fermo al centro del petto che mi fa sentire viva e capace di gioire di cose che non sa nessuno.
Nel 2012 quello che devo imparare è gioire delle cose che non sa nessuno, delle parole lente e e calme di un pomeriggio immobile, delle stanze viola in cui mi sveglio quando nessuno sa dove sono, delle luci della sera e delle nuvole che corrono veloci, della mia inconfessabile forza e della mia timidezza, sempre protagonista di tutte le giornate.
Ho visto un altro compleanno, una serata in Santa Croce e un fuoco, acceso.