Poi ti racconto,
di quando mi sono trovata dentro la Royal Albert Hall con addosso un adesivo che diceva "all areas" a sentire il concerto di uno dei miei gruppi preferiti, e di come poi ho conosciuto uno dei musicisti, e me lo aspettavo in un modo e invece era diverso, delicato, gentile, pieno di buone maniere e un po' piccolo di statura.
Poi ti racconto, di come il giorno dopo io e la mia amica M. non riuscivamo a parlare d'altro, di come canticchiavamo ancora le canzoni e di come ci siamo sentite rinfrancate in un pub non più fumoso, visti i divieti, ma che odorava di legno e di chiuso e di calore umano, con le pareti della minuscola stanza ricoperte di cravatte incorniciate, immagino roba di università diverse e di varie epoche, e ti racconto del freddo che faceva fuori, che fa tuttora fuori, che sembra proprio inverno e il vento gelato ti entra nel collo e allora l'acquisto pazzo della vacanza è diventato un maglione di cachemere color pervinca che mi fa sembrare una ragazzina, ma che poi, abbinato alla mia tradizionale austerity, in realtà mi rappresenta molto.
Poi ti racconto, della passeggiata solitaria per le strade, delle tre ore passate a studiare dentro un caffè -e di quanto mi manca il poter stare tre ore a studiare dentro un caffè senza che ogni tre secondi passi un cameriere a chiederti se stai bene - del trovarsi all'angolo con la mia amica che esce dal lavoro, mangiare fuori chiacchierando e poi sfidando le intemperie buttarsi dentro un altro concerto, e poi addormentarsi a casa sul fouton con un libro meraviglioso - pescato a caso dalla sezione non letti della libreria - che ti fa pensare che dovresti scrivere un essay su tutte le cose che hai segnato mentre lo leggevi e che poi lo dovresti tradurre e mettere nella cartellina delle cose che forse un giorno chissà, serviranno.
Poi ti racconto anche della notte scorsa, passata in bianco e di un pianto a caso che non so dire se fosse liberatorio o di awareness, o magari tutte e due le cose insieme, della corsa stamattina per prendere la navetta per l'aeroporto, delle ore d'attesa, del volo cancellato, del gruppetto eterogeneo di quattro con cui stavo per fare la follia di prendere un'auto a noleggio e farmi il viaggio fino all'Italia di notte per non perdere un giorno di lavoro, e di come poi con quel gruppetto ci siamo salutati bevendo birra in uno squallidissimo bar dell'aeroporto, ma sorridendo, prima che la navetta mi riportasse qui, alla casetta della mia amica che mi ha ri-accolta con una cena veloce in un posto greco e un cinema, che era proprio la cosa che ci voleva.
Poi ti racconto, ma ora non posso, perché non so dove sei. Ma non mandare nessun segnale di fumo, vedrai che quando sarà il momento ti troverò io.
Chi mai lo penserebbe che mi ha bloccata qui una nuvola vulcanica: mentre fumavo la mia ultima sigaretta in giardino, poco fa, il cielo era ricoperto di stelle.
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