Ho perso il conto dei giorni di pioggia.
Mia madre e la sua saggezza popolare (che resiste nonostante sia donna di cultura) dice che più si va avanti con gli anni e più ti tornano i mali che avevi da piccolo.
“guarda il tuo zio: da un po’ di anni a questa parte ha sempre la tosse e il mal di gola. Infatti da piccino era sempre a letto con la bronchite”
Io da piccola avevo spesso mal di pancia, ma più quando ero triste che quando facevo indigestione di caramelle.
Mi ricordo (anche i miei se lo ricordano) che mi alzavo dal letto di notte -e avevo non più di tre anni- senza nemmeno svegliarli, andavo in bagno mi mettevo un dito in gola e vomitavo.
E facevo tutto per bene, mi lavavo, prendevo un bicchiere d’acqua e tornavo a letto.
“Che hai fatto tesoro?”
“Ho gomitato.”
E’ arrivato stamattina, sul treno.
Mentre combattevo col sonno e con una scolaresca veneta che andava in gita a Roma ruttando e alzando violentemente la loro musica in uno stereo portatile.
[Colgo l’occasione per aggiungere che no, prof, non è “perché sono ragazzi” è perché sono dei gran cafoni. Per dirla delicatamente. E qualche volta uno potrebbe anche tentare la carta dell’impopolarità e sequestrare lo stereo, invece di ridacchiare dicendo “che ci posso fare sono giovani..”
Magari fra dieci anni, quando non saranno più “ragazzi” ma adulti, potrebbero anche esserle grati di saper convivere con altra gente su un treno senza bestemmiare e cacciarsi le dita nel naso.]
Mi rimane questa malinconia dentro, si spande, mi fa entrare in una specie di scatola di vetro. Poi passa da sé e si scioglie.
Non mi devo fermare troppo a pensare io.
Devo muovere le gambe, sempre e comunque.
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