venerdì 20 luglio 2007

di prati, notti stellate e musica

Non si sono ancora spenti i racconti entusiasti delle mie amiche che hanno campeggiato al Latitude Festival a Southwold nel Suffolk che qui è cominciato l’Italia Wave Love Festival.

In questo caldo da sauna costante, mentre mi struggevo a leggere di come le due belle si sono sdraiate sui prati, hanno bevuto caffè fatto sul fornellino, ascoltato gruppi bellissimi, fatto amicizia, e dormito poco, mi telefona la mia amica E. e decidiamo di andare laggiù laggiù a vedere che ci riserva il festival in versione fiorentina.

Arriviamo in due su una vespa, in mezzo a una nuvola di motorini e polvere io a pezzettini direttamente dal lavoro, ma con una maglietta nuova che mi piace, lei bella e elegante in nero. Dal parcheggio al pratone dove ci sono i palchi c’è un po’ di strada da fare a piedi, mentre camminiamo per la stradina polverosissima uno sudato e coi dread mi guarda e dice in aretino “guarda che non ti fanno entrare col casco”.

E infatti all’arrivo ai controlli c’è una grande impalcatura con tutti caschi appesi come tanti uccellini sui fili della luce.

“No, non posso lasciarlo lì.. me lo rubano di sicuro...”

“torniamo indietro?”

“ma se torniamo e riandiamo poi per cinque minuti bisogna pagare...”

perché l’ingresso è gratuito fino alle nove. E noi naturalmente siamo arrivate alle otto e cinquantasette.

“che si fa?”

Mi ricordo di certi trascorsi e vado da un poliziotto a pigolare sbattendo le ciglia. Lui mi guarda e dice “non posso, davvero”. Mi guardo intorno e vedo il baracchino degli organizzatori.

“ma se vado a chiedere lì se mi fanno mettere il casco dietro i loro banchetti?”

“ma se lo fai tu lo vorranno fare tutti...”

“me ne hanno già rubato uno, se perdo questo... dai...”

“...”

“per favore dai... fammi almeno tentare...”

“vai dai, sbrigati”

Fase due. Molto più semplice della prima direi. Il ragazzo del baracchino coi capelli più rossi che abbia mai visto mi dice, sempre in aretino, “ma sì, poi se fai tardi e chiudiamo la tenda passi sotto e lo prendi lo stesso, tanto non è veramente chiuso, è solo una tenda...”

Metto il casco su un mucchio di qualcosa coperto da un telo bordeaux.

Faccio un fioretto che se alla fine della serata lo ritrovo…

E ci buttiamo sul pratone, dove la maggior parte della gente mangiucchia, beve vino in bottiglie di plastica, combatte con le zanzare e semplicemente giace chiacchierando. C’è profumo di erba falciata, sembra estate, sembra un po’ di essere al mare. “Cavolo, siamo vecchie” ci diciamo io ed E. guardandoci intorno.

Poi ci ripensiamo: che bello essere di dieci anni più grandi di quando ci facevamo le paranoie se il vestito era giusto, se avremmo incontrato questo o quello, se avremmo saputo a memoria i testi delle canzoni. Una gran bella rilassatezza, ora dobbiamo solo goderci la musica e respirare il profumo di erba tagliata e notte fresca, chiacchierando del più e del meno e ciondolando fra le bancarelle. E infatti facciamo proprio così: ciondoliamo fra le bancarelle provandoci collane e inspirando incensi vari. Io alla fine compro anche un braccialetto fatto di fili verdi.

Poi i concerti.

Abbiamo sballettato come matte con le teenagers innamorate di Mika: carino anche se non ci avrei scommesso niente; buffo con dei pantaloni verde pisello fasciati sulle gambe magre magre che lo facevano sembrare un insetto lungo e saltellante. Un grillo eppure una voce strepitosa e avvolgente, davvero un bel sentire quando ha rifatto I want you back dei Jackson 5 e anche Sweet Dreams degli Eurythmics. Cose adatte all’estate, adatte a sentirsi un po’ scemi e allegri.

Poi ci siamo godute l’energia dei Kaiser Chiefs. Una botta nello stomaco e poi quel pazzo di cantante che nel bel mezzo del concerto salta giù dal palco e corre al baracchino più vicino a prendersi una birra, con dietro tutto il pubblico di magliette a righe a correre con lui. E noi, confesso, a ridere piegate in due. Sembrava la scena di un fumetto. Tutta una fila di ragazzini a correre nel prato dietro a uno con un boccale di birra.
Buffo davvero.

Bello, bella serata, gente tranquilla, nei limiti del possibile con tutto quell’alcool in giro (e infatti pazienza per il tizio ubriaco che per dimostrarmi che si era innamorato di me mi ha tirato forte forte i capelli, non mi sono nemmeno scomposta tanto, ho riso e gli ho detto qualcosa, poi lui si è accorto che aveva finito la birra e il richiamo del bicchiere è stato assai più forte della chioma della biondina).

E il miracolo finale, quando sono scivolata dietro la tenda dell’organizzazione il mio casco era lì dove l’avevo messo. Quindi adesso devo mantenere una promessa.

Stasera Radio Dervish e signore e signori…The Good The Bad and The Queen

Update: perché il mio blog è impazzito e mi ha cambiato 4 formati del carattere? Qualcuno lo sa? Io non riesco a correggere... quindi scusate la scarsezza estetica di questo post...


2 commenti:

alessandra ha detto...

sarebbe stato bello esserci stasera, per giusto per vedere il mio sogno proibito di sempre (damon albern) e soci. ti auguro buon concerto - e complimenti per il blog =)

cassandra ha detto...

ti dirò, lui non ha più quella faccetta a punta meravigliosa. Però conserva il suo fascino... e il concerto è stato proprio bello...