Sono le una e cinquantatré e i miei vicini cucinano il minestrone. Seguono la miglior ricetta della nonna, "facciamolo bollire tutta la notte e chissà domani come sarà buono". Ma nel frattempo il palazzo intero odora di soffritto e verdure bollite e non mi dà alcuna consolazione giustificare i cuochi con il pensiero che fuori ci sono meno tre gradi e che tutti hanno diritto a un piatto caldo, specialmente di domenica.
Poche cose mi danno consolazione, per la verità. Mi restano all'appello i viaggi virtuali nei luoghi esotici che vorrei visitare a marzo e certe fantasticherie su Paesi assolati, lontani da tutto questo grigio e da tutto questo buio. A gennaio mi ripeto ogni anno che la luce sta tornando, ma è più un pensiero veloce che mi sfiora nell'attesa che arrivi la primavera, che una vera e propria constatazione. Qui è tutto buio, la spalla mi si è bloccata di nuovo e per bene, e ieri nel bel mezzo dell'inventario ha battuto il terremoto e tutti i vasini e i ninnoli e le candele che stavo contando si sono messi a camminare da soli lasciandomi, naturalmente, terrorizzata.
Little earthquakes, si direbbe, ma siamo sicuri che siano poi così piccoli, questi terremoti, questi scossoni emotivi conditi da lacrime che non scendono e persone che non colgono e vita che corre veloce e libri che non entrano più nella libreria, eccetera eccetera?
Io non sono sicura.
Anche se sono sicura che i terremoti li so superare, spezzandomi dentro ogni volta un po' di più ma sempre bella integra e pettinata fuori.
Questa è un'altra delle piccole cose che mi danno consolazione.
Che importa, sul serio, a chi devo spiegarlo?
Mi tengo le tovaglie colorate, i fiori sul tavolo, una bella cena, un paio di bei dischi, un filmetto o due, un pensiero che vola a qualcosa che non c'è, un libro con delle belle illustrazioni, e faccio di queste cose la mia ancora di salvezza, come sempre, perché ha sempre funzionato senza che nessuno - o quasi - capisse davvero quanto contassero e che parte avessero in tutto questo gioco.
E' sabato notte, ascolto Stereonotte, preparo la tisana, non fermo nessun orologio, mi rifiuto di trasformarmi in un personaggio di Dickens: sono come sono, sono questo, qualcuno prima o poi lo vedrà. O forse no, ma che importa.
Non devo nessuna spiegazione.
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