Ero uscita fiduciosa scalpitando nei miei sandali questa mattina, poi invece sono tornata indietro a mettere le scarpe da ginnastica.
Settembre: l'unico periodo dell'anno in cui metto le scarpe da ginnastica; gli arrivi della merce natalizia; la fiera; eccetera eccetera.
Settembre, i nuovi inizi.
Appendere un quadro, togliere la locandina del cinema all'aperto dal frigo, sentire il bisogno di essere abbracciata, con l'arrivo del primo freddo.
In questi giorni di nuovi inizi sento la necessità di rileggere cose che ho già letto, come se mi servisse tornare in un territorio dove ho già camminato, per rivedere com'è adesso che io sono completamente diversa. Cose brevi. Alcuni pezzetti di saggi, qualche racconto di Flannery O'Connor, il finale di un romanzo di Barth, e poi Pascale.
E' capitato che mentre ero al mare ho trovato sul comodino una raccolta di racconti di Pascale che era stata dimenticata lì un po' di estati prima dalla mia amica. Lì per lì non ci ho badato. Poi, però, c'è stata una notte in cui non riuscivo a chiudere occhio perché combattevo con la paura che ci fosse un topo sotto il letto. Io non sono una tanto paurosa, anzi quasi per nulla, ma i topi mi terrorizzano. Era tardi e non potevo svegliare nessuno e ad alzarmi non ci pensavo nemmeno perché temevo che mi sarei potuta trovare faccia a faccia col mio nemico. Quindi mi sono messa a (ri)leggere.
Sarà stato tutto quel silenzio e quella luce bassa, ma la tensione per la paura si è allentata e mi sono trovata avvolta da una specie di vicinanza, a certe parole e a certe sospensioni.
Sono tornata su una strada già percorsa e ci ho trovato qualcosa di completamente nuovo. E' stato emozionante.
La mattina dopo ho raccontato la faccenda alla mia amica e lei ha detto che trova che ci sia una specie di corrispondenza fra la mia indole e il modo in cui scrive Pascale.
Mi sono sentita assai lusingata.
Poi, comunque, il topo c'era davvero. Ma forse dovrei essergli riconoscente.
Nessun commento:
Posta un commento