Questione di punti di vista. Mio padre ha insegnato per gli ultimi quindici anni della sua carriera in un liceo linguistico pubblico e, statalista com'è, non gli ha fatto piacere leggere che nessuno si è accorto che la sua scuola esisteva.
Dovunque mi giri vedo cose fatte con i piedi, vedo volti tirati e disillusi, vedo grandi punti interrogativi e mani vuote. E poi melma.
Quello che ho io ho fra le mani è un fascio di tulipani ormai sfioriti che sembrano l'urlo di Munch con tutto quel nero dentro, una piantina che aspetto di veder fiorire e un uomo che mi ha dato un ultimatum, e incredibilmente tutte queste cose mi strappano un sorriso.
Io sorrido per combattere contro il dolore che mi prende, contro il senso di vuoto.
Io sorrido perché sorridere mi cura le cicatrici e perché ormai delle rughe d'espressione me ne sono fatta una ragione.
Io sorrido per dissimulare, forse è vero, e impedire che si noti questo mio tremore continuo.
Io sorrido anche se mi dicono che le cicatrici non sono cicatrici, se fanno ancora male.
Nessun commento:
Posta un commento