IL LODO BOLZANETO
Impunità per le torture
Su 46 imputati per gli abusi nella caserma genovese, 30 assolti. Gli altri condannati a pene lievi o lievissime. Il primo processo alle forze dell'ordine per i massacri del G8 si conclude con la vittoria dei torturatori
Sara Menafra
INVIATA A GENOVA
Scarnificata, privata dei particolari più raccapriccianti. La storia delle torture della caserma di Bolzaneto che nelle notti del G8 genovese coinvolsero quasi trecento persone (209 sono le parti civili che hanno partecipato al processo) emerge ripulita e stravolta dalla sentenza che ieri sera ha assolto la maggior parte degli imputati e condannato quindici persone su quarantasei ad un totale di ventiquattro anni di carcere, contro i 76 e quattro mesi chiesti dai pm Patrizia Petruziello e Ranieri Miniati.
E anche se i magistrati che hanno seguito l'inchiesta per sette anni si dicono «soddisfatti» perché «l'impianto accusatorio ha retto, nonostante alcune valutazioni differenti del tribunale», basta scorrere le condanne per capire che il collegio presieduto da Renato Delucchi ha creduto solo parzialmente alle accuse delle parti civili che in questi anni hanno ripercorso le notti di Bolzaneto cercando di ricordare volti e torture.
Assolti tutti i carabinieri, quelli che, dopo la morte di Carlo Giuliani in piazza Alimonda, erano stati dirottati a Bolzaneto ad occuparsi dell'«accoglienza» ai manifestanti arrestati e fermati . Via gli agenti della polizia penitenziaria Oronzo Doria, Ernesto Cimino e Bruno Pelliccia. E a casa anche i poliziotti che si occupavano dell'«ufficio matricole», gli unici per i quali i pm avessero chiesto il riconoscimento delle attenuanti generiche.
La condanna più grave, a cinque anni, contro i 5 anni 8 mesi e 5 giorni chiesti dalla procura, è stata chiesta per Antonio Biagio Gugliotta, l'ispettore della polizia penitenziaria responsabile dell'intero «sito penitenziario». Quello che, secondo le testimonianze delle vittime, introdusse a Bolzaneto la «posizione del cigno» decidendo che la maggior parte dei detenuti dovessero attendere in piedi, faccia al muro con gambe divaricate e braccia alzate (la cosiddetta «posizione del cigno», appunto) per tutto il tempo della detenzione, fosse anche un giorno intero. Alfonso Sabella, coordinatore di tutte le attività dell'amministrazione penitenziaria durante il G8 (archiviato alla fine delle indagini preliminari), raccontò ai pm: «Gugliotta mi fece capire che la polizia di stato teneva gli arrestati in quel modo e dunque poteva essere visto come una sorta di delegittimazione operare una scelta differente».
Decisamente ridimensionata la posizione di Giacomo Toccafondi, il medico «in tuta mimetica», per il quale i pm avevano chiesto tre anni e mezzo di carcere e che è stato condannato a un anno e due mesi. Evidentemente - ma saranno le motivazioni a chiarire quale sia stata la ratio - i giudici non hanno creduto ai racconti delle tante vittime passate in infermeria, che hanno parlato delle minacce del medico, di come costringesse le ragazze a spogliarsi e girarsi e rigirarsi nude davanti a lui. O di come abbia ricucito senza anestesia la mano strappata di Giuseppe Azzolina.
Per quel taglio in due parti, che ha danneggiato in modo irreparabile il giovane genovese, il responsabile, Massimo Luigi Pigozzi, 44 anni, assistente capo di polizia ancora in servizio a Genova, è stato condannato a tre anni e due mesi. Una punizione a metà: la corte ha deciso che quel gesto, quello strappo, non era aggravato dall'aver agito con «crudeltà nei confronti della vittima». Anche lui, come tutti gli altri, potrà beneficiare di una rapida prescrizione, a gennaio del 2009.
Perché la beffa nella beffa, più crudele delle condanne fortemente ridimensionate, è proprio questa. L'incapacità della giustizia italiana di riconoscere che quel che accadde a Bolzaneto era tortura ha fatto in modo che i responsabili della caserma che accoglieva i detenuti fermati durante i cortei fossero accusati di abuso d'ufficio (art. 323 del codice penale, pena massima 3 anni), solo in alcuni casi di lesione personale (art. 582, 3 anni) o di falso (art. 479, 6 anni) perché nel nostro paese il reato di tortura non esiste. E non c'è norma che riconosca i calci, i pugni, l'attesa per ore in piedi, il passare tra due ali di agenti che picchiano, il dover cantare «Uno due tre, viva Pinochet» o «duce duce». E nei prossimi mesi prescrizione e indulto cancelleranno tutto il resto. Con l'incubo lasciato appena dietro l'angolo di un decreto «blocca processi» che poteva fermare persino questa sentenza.
Serve a poco pensare che i giudici abbiano riconosciuto anche le responsabilità dell'ex numero due della Digos genovese, Alessandro Perugini, vicequestore e dirigente più alto in grado presente a Bolzaneto condannato a due anni e quattro mesi (invece di tre e mezzo) insieme ad Anna Poggi, vice di Canterini all'interno della struttura.
E le parole del pm Vittorio Ranieri Miniati, «nella sostanza l'accusa di abuso d'autorità (e dunque di tortura, ndr) è stato riconosciuta», lasciano l'amaro in bocca.
Il Manifesto, 15 Luglio 2008
Processo Diaz, oggi le richieste per 29 imputati
Alessandra Fava
GENOVA
Il falso sta nei verbali perché «non si comprende la necessità di far firmare un gruppo raccogliticcio di persone». La costruzione artificiosa delle molotov sono il «frutto avvelenato» di una perquisizione non riuscita. La calunnia è nell'aver arrestato 93 persone dicendo che si trattava di una pericolosa banda di criminali, tanto criminali da dover essere liberati pochi giorni dopo, dire che erano tutti nella scuola mentre quattro di loro furono arrestati fuori. Ieri, nella sesta udienza della requisitoria del processo Diaz, l'ultima prima della richiesta delle pene da parte della Procura prevista per oggi, il pm Enrico Zucca che con Francesco Albini Cardona ha condotto le indagini contro i 29 poliziotti imputati, ha approfondito le responsabilità di chi eseguì i pestaggi nella Diaz e il tema dei falsi nei verbali d'arresto, nei verbali delle perquisizioni e nelle relazioni di servizio, oltre ai reati consumati nella cosiddetta perquisizione alla Pascoli. Nella giornata di oggi, i due pm chiederanno le condanne per ciascun imputato. Si sa già che cercheranno di circoscrivere le richieste senza azzardare domande roboanti. E che sarà esclusa la posizione di Alfredo Fabbrocini, oggi vice questore a Bari.
«A commettere certe brutalità e pestaggi - ha affermato Zucca - è stato il settimo nucleo antisommossa guidato da Francesco Canterini e Michelangelo Fournier. I due comandanti sono almeno colpevoli di concorso morale nella "macelleria messicana", se non altro per la loro condotta omissiva». E quindi: «Non è sufficiente che Fournier abbia gridato "basta, basta" perché il suo intervento è stato comunque tardivo». Intanto, è cominciata ieri la «settimana dei diritti» organizzata per ricordare l'anniversario del G8.
Il Manifesto, 17 Luglio 2008
Chiusa la requisitoria nel processo per la sanguinosa irruzione nella scuola a Genova
Contro gli agenti e i vertici della Polizia, 110 anni. Attesa per ottobre la sentenza
G8, processo per l'assalto alla Diaz
Chiesta la condanna di 28 poliziotti
GENOVA - Centodieci anni contro gli agenti responsabili della sanguinosa irruzione nella scuola Diaz durante i G8 di Genova. Chieste dalla Procura ventotto condanne ed una assoluzione nei confronti degli agenti e dei vertici della Polizia imputati nel processo per i tragici fatti del 2001.
"Condannate i poliziotti delle molotov". Le richieste variano da cinque anni a tre mesi di reclusione. La pena più alta è stata chiesta per Pietro Troiani all'epoca vicequestore, accusato di aver portato due molotov nella scuola nel tentativo di farle passare come armi trovate in possesso ai no global.
Accusati i dirigenti della Ps. Per i vertici della Polizia Francesco Gratteri (attuale capo del dipartimento anticrimine) e Giovanni Luperi (ex numero due dell'antiterrorismo), i pm hanno chiesto 4 anni e 6 mesi ciascuno per le accuse di falso ideologico, calunnia e arresto illegale. Per Vincenzo Canterini che secondo le ricostruzioni dell'accusa comandava il settimo nucleo della squadra mobile protagonista dell'assalto alla scuola, la Procura ha chiesto 4 anni e mezzo. Pena leggermente più bassa per Michelangelo Fournier il poliziotto che in aula raccontò di aver assistito ad una "macelleria messicana": 3 anni e 6 mesi di reclusione. Chiesta la condanna anche dell'agente Massimo Nucera che si inventò di aver ricevuto una coltellata durante il blitz della scuola. Quattro anni a lui e al suo superiore Maurizio Panzieri, che avallò nel verbale il finto accoltellamento. Condanne sono state richieste anche per gli allora dirigenti della mobile di Genova Nando Dominici, e della Digos Spartaco Mortola.
Sentenza ad ottobre. Conclusa la requisitoria dei pm, il dibattimento riprenderà dopo la pausa estiva a settembre con gli avvocati delle parti civili. La sentenza è attesa per ottobre.
La Repubblica (17 luglio 2008)
2 commenti:
Grazie per questo post.
(purtroppo stando fuori dall'Italia certi anniversari rischi di dimenticarli, i giornali parlano delle miserie di casa propria...)
ma sai che mentre riunivo questi articoli mi sono messa a ripercorrere quei giorni... e ancora mi arrabbio e mi indigno come allora. Per fortuna...
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