mercoledì 4 giugno 2008

day after

Studio.
Vedo film a metà, troppo stanca, troppo intimista, troppo vicino.
Cerco di dormire.
Telefonata alle una e un quarto di un amico lontano. Piango. Non so perché.
Cerco di dormire, impossibile.
Faccio una camomilla, scrivo una lunghissima mail. Spedisco.
Bevo la camomilla, torno a letto.

Ore quattro meno un quarto del mattino.

Forse rinuncio.
Rabbia.
Dolore.
Altra rabbia.
Poi la forza di volontà che salta fuori come un coniglio dal cilindro.

Quiete.
Sonno.
Sogni.

Sogno il cigolare delle suole di gomma delle scarpe da ginnastica sui gradini di graniglia. Salgono salgono e non arrivano mai. Sogno che aspetto.
Sogno che il fiume si riempie d’acqua –perché intanto fuori piove a scrosci e le gocce battono sul tettuccio di plastica del giardino di sotto- e che io sto a guardarlo, incantato, grigio e luccicante.
Sogno che qualcosa mi stringe alla gola, mi tocco ma non c’è niente e nessuno, eppure il senso di soffocamento leggero leggero mi rimane.

Mi sveglia il telefono alle 8.45
Comincio la giornata in una nebbia di pensieri sbagliati e stanchezza.
So cosa sta succedendo.

Stavolta, per nessuna ragione al mondo, mi faccio trovare impreparata.

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