lunedì 10 dicembre 2007

amaro (nota da un venerdì)

Aveva pianto.
Come era potuto succedere?

Ancora si chiedeva come succedano queste cose. Una parola che sembra una parola qualunque, un gesticolare preciso, un dito puntato sopra il tavolo come a puntualizzare le sillabe una per una. E un clic. Come sentirlo dentro, come aver girato un interruttore. Come se l’occhio di bue si fosse improvvisamente acceso sulla sua testa lasciandola sola sul palco senza nessun monologo da recitare.

Clic.

Ci aveva riprovato, poi, da sola. Si era ripetuta quelle parole mentre faceva altre cose, mentre sistemava oggetti sugli scaffali, distratta, al lavoro. Voleva riavere quel pianto solo per sé, perché fosse davvero liberatorio, invece nulla, nemmeno la pioggia fuori e i piedi freddi avevano aiutato.

Nella stanza bianca, concentrata a torcersi le mani e a fissare le tende tirate davanti a lei era stato tutto automatico. Ma già mentre attraversava l’enorme atrio e scendeva le scale riagganciandosi il giubbotto e infilandosi i guanti, tutto era tornato normale, composto, in ordine. Aveva inghiottito il groppo che aveva in gola e respirato a fondo prima di uscire dal portone. Aveva risistemato le cose in borsa con la solita cura e aveva dato il passo a una signora con le stampelle prima di attraversare il marciapiede e la strada.

Non era più capace, adesso di tirare fuori tutto quel nero.
Tutto era di nuovo in ordine.

Le era tornato in mente un pomeriggio quando da piccola avevano fatto visita agli zii, tutti insieme e lei aveva voluto a tutti costi fermarsi in un posto a bere una cioccolata calda. Nessuno aveva voluto prendere niente e di colpo si era sentita stupida e viziata a fare aspettare tutti per quel suo capriccio. Così aveva bevuto la cioccolata più in fretta che poteva e si era scottata la lingua tanto che per tutto il giorno aveva sentito l’amaro di quel desiderio.

Che stupido che le venisse in mente adesso quel pomeriggio di vent’anni prima.

Eppure la sensazione non era tanto diversa.
Il pianto si era trasformato presto in amarezza e in nostalgia.
C’era stato un momento in cui quell’amarezza non c’era.
Ed era lontano quasi quanto quella tazza di cioccolata bollente.

Nessun commento: