"Ascolta le canzoni, diceva lui. Ascolta. Le canzoni che ho scelto io". E io, ubbidiente, ho ascoltato. "Ora le puoi mescolare come vuoi e ascoltare quando vuoi. Mescola bene, mescola ancora. Mescolati lo stomaco, poi girati e fammi vedere." E io mi giravo e mostravo. Eccomi, con tutto lo stomaco sottosopra.
Ma non so perché l'ho fatto. Io non ero mai stata ubbidiente.
Cammino in Via de' Bardi in mezzo all'odore di mordente dei falegnami e dei restauratori, in mezzo al freddo perché ho creduto che fosse primavera e non mi sono vestita a sufficienza, con in testa una traduzione e una preoccupazione.
Lo stomaco forse l'ho rimesso a posto. Ma ci ho messo anni, e non sono più stata uguale.
Non sono mai più stata uguale.
"Sanguini", mi diceva, "sanguini e stai sporcando tutto il tappeto. è un bel tappeto e la macchia non se ne andrà più via."
Raggiungo il Lungarno e scopro che sono ancora mortificata per quella macchia. Ci penso e mi vergogno. Cammino a passi pesanti guardando l'acqua grigia, la riga dei palazzi di là dal fiume, i miei stivali consumati e penso a quel tappeto. Avrei tanto voluto rimediare.
Ho sempre voluto rimediare a tutto. Ma ero ferita e non mi sono uscite le parole.
Però poi ci ripenso. Scommetto che non serve più.
Scommetto che la macchia si è sbiadita piano piano e che adesso è scomparsa del tutto.
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