ritengo che per comprendere interamente una sola cosa, non importa quanto sia minuscola, occorra la comprensione di ogni altra cosa al mondo. Ecco perché a volte mi do per vinto di fronte alle cose più semplici; ecco perché non mi dispiace di passare una vita intera nel prepararmi a iniziare la mia indagine. (John Barth. L'opera galleggiante)
domenica 2 gennaio 2011
propositi
E’ il primo dell’anno, anzi no, il 2.
Mi sono addormentata alle dieci e mezza davanti a un filmetto e poi mi sono svegliata alle undici. Ho deciso che avevo voglia di leggere e mi sono resa conto solo adesso di che ore sono. Non è così strano per me, ma stasera mi fa impressione, essere qui ferma col plaid addosso a cercare la parola giusta.
Quella della parola giusta è un’ossessione di chi traduce e forse (ma chissà se viene prima l’uovo o la gallina) anche un modo di vedere le cose e di vedersi. Il sentire che hai sulla punta della lingua quell’unico aggettivo che descriverebbe perfettamente quell’istante, quel preciso, irripetibile stato d’animo o il senso profondo che ha la frase che vorresti riprodurre.
Immagino – lo immagino solo, perché non mi azzardo a provare davvero – che sia un’esperienza simile a quella di chi scrive e credo che sia per questo che mi faccio rapire da chi è capace di accuratezza e di equilibrio nel raccontare una storia. E intanto penso alle tante volte in cui quello che ho detto non è stato chiaro quanto volevo o magari è stato troppo duro o troppo debole.
Vorrei correggere questa ineguatezza, nel 2011, almeno un pochino. Quell’impressione che le cose appartengano solo a te soltanto perché non sei stato capace di descriverle nel modo migliore. Quella piccola frustrazione nel pensare che quel che provi ti resta dentro senza sfogo, per mancanza di verbi. E vorrei anche provare più spesso quel senso di ebbrezza di quando la parola giusta ti affiora sulle labbra o esce dalla punta della matita quasi naturalmente, senza sforzo, perché era lì, chiara e semplice e pronta a farsi raccogliere
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