giovedì 11 giugno 2009

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Forse adesso straparlo, perché sono ubriaca.
Sono così tanto disabituata a uscire e bere qualcosa che non sia la birretta dell'aperitivo, che adesso mi basta una cosa qualsiasi che mi gira la testa, e vedo le lucettine dei semafori come quelle di una discoteca, e per fortuna che ero vicina a casa, giuro che non lo faccio più. Non so nemmeno se attribuire il tutto all'ubriachezza o a questa stanchezza mostruosa, (mostruosa? Come vorrei una parola più appropriata per descrivere questo macigno che ho sul collo, queste mani gonfie, questi occhi perennemente lucidi e questa schiena che scricchiola e tutti questi risvegli alle sette del mattino, quando apro gli occhi dopo averli chiusi due, massimo tre ore prima e desidero che il tempo si fermi) a questa mostruosa iperattività e a questa tristezza.
Tristezza? No.
Questa cosa è diversa dalla tristezza.
E' diversa perché non sono triste. Perché non mi manca niente, a parte un po' di vile denaro. Il cuore mi batte ancora, una vecchia locomotiva sferragliante, e ho un bel desiderare di anestetizzarlo per sempre, quello va, non sono mai riuscita a fermarlo.
Non è tristezza la mia. E' una patina che mi è scesa addosso, come quando c'è tanta nebbia e ti si bagnano i vestiti, come quando non fai subito la doccia dopo un bagno al mare e il sale ti si secca dappertutto.

E' la serena disperazione, (che definizione perfetta, che poeta meraviglioso, come dire di più in due parole?) una specie di pelle nuova da cui non si esce, è il desiderio rimasto in sospeso, gli amici che ti mandano amorevolmente a cagare e ti dicono "vai, vai, vai!" la vita che va avanti e non si cura di te, e tu che corri e cerchi sempre di stare al passo eppure ti ritrovi sempre un passo indietro, sempre con una battuta di meno, a respingere i colpi che arrivano senza accorgerti che non puoi, che uno o l'altro ti colpirà dritto in faccia, o alle caviglie, ma che comunque non potrai schivare tutto.

E' la voglia di cambiare e l'epifania di un attimo in cui ti accorgi che il cambiamento è già dietro le tue spalle. E' una lingua nuova, da imparare dal nulla, senza grammatica e senza regole, solo con l'aiuto della tua pancia che si sa, sbaglia dieci volte prima di farti prendere la via giusta. Però è un motore ancora buono.

E' una tazza di tè, preparata la sera dell'11 giugno, che fuori fa un caldo tremendo, ma che ti farà tornare lucida, forse, chissà, per studiare ancora quelle due ore che ti mancano per essere pronta, prontissima, in prima fila per il prossimo sbaglio.

2 commenti:

Kit ha detto...

"in prima fila per il prossimo sbaglio" è una chiusa perfetta, e lancinante.

in bocca al lupo x tutto Cassandra

cassandra ha detto...

oh ma che piacere trovarti qui.
Crepi il lupo, e buona estate :)
C.