lunedì 9 aprile 2007

memoria

sabato sera dopo una giornataccia di lavoro pre pasquale sono andata al cinema sola soletta e con i miei ultimi spiccioli ho comprato il biglietto per vedere "le vite degli altri".

Bellissimo, non credevo che mi avrebbe fatto tanto effetto.
Per buona parte del film, veramente, sono stata molto a disagio, mi sono mangiata le unghie e arrotolata i capelli sull'indice più nervosamente del solito. Ma a un certo punto mi sono come sciolta e da lì è stata tutta un'altra esperienza.
Non mi va di raccontare nulla di preciso o spreciso a proposito della trama o del protagonista (che è un personaggio meraviglioso e toccante, senza però scadere nello sdolcinato o aggiungere troppo a quello che già dice con i suoi enormi occhi).

Ma c'è una cosa che mi ha lasciata perplessa più delle altre.
E' un discorso che ha a che fare con il ricordo e con lo strano sistema in cui certe cose si archiviano e si vedono.
In un momento preciso (e direi di svolta) del film il protagonista si illumina leggendo una poesia di Brecht. Una poesia bellissima che per qualche ragione io conoscevo benissimo, tanto che mentre la sentivo leggere l'ho recitata dentro di me senza nessun problema.
Mi sono chiesta com'era che la conoscessi, ma non lo ricordo.
A volte il mio babbo cita poesie a memoria mentre mi spiega le cose, le più svariate intendo, ma di solito cita Dante e di solito non gli do poi tanto ascolto. Ho pensato, però, che poteva essere da lui che l'avevo sentita.
Invece ieri sono andata a casa dei miei a pranzo e ho chiesto se mi potevano prestare il libro delle poesie di Brecht.
"Non ho nulla di poesia" dice il mio babbo. "solo il teatro". Chiedo a mia madre, stessa risposta.
"ma la conoscete quella poesia che dice..."
Sguardi interrogativi.

Un po' smarrita, vado in libreria oggi, accompagnata da questo sole tiepido e da uno sciame di turisti assatanati che fotografano qualunque cosa, cerco un po' e trovo il volume delle poesie di Brecht. Non è tanto attraente e non ho molta voglia di comprarlo. Decido che se trovo la poesia in questione lo prenderò, altrimenti nulla.
Comincio a sfogliarlo pagina per pagina e finalmente riesco a venirne a capo. Si tratta di una parte di una poesia più lunga, ma la traduzione è talmente diversa che quasi non la riconosco.
Quindi non solo conosco il testo, ma ne conosco anche una traduzione particolare.

Ci sono delle cose che la mia testa ha evidentemente accantonato.
Quando studiavo a Glasgow ho fatto un corso su Madre Coraggio, che mi piacque immensamente e che mi fece scoprire anche altre cose fra cui La Vita di Galileo, a cui ripenso spesso, spessissimo specialmente riguardo al comportamenteo della Chiesa su certe faccende.
E' possibile che nelle ore passate all'ultimo piano della biblioteca universitaria laggiù, con la neve fuori e il silenzio ovattato di una moquette color panna abbia letto anche le poesie? Ma in italiano? Io riesco a vedermi, sormontata da pile di libri e dispense e matite colorate, sfogliare pagine che mi avrebbero fatto compagnia anche negli anni successivi, ma è come un'immagine lontana, vista da una finestra, attraverso un vetro un po' opaco.

Mi succede spesso di vedere i miei ricordi come se fossi in un altro posto, di riviverli senza veramente partecipare, come al cinema, come se vedessi quello che è successo a un'amica.
Mi impressiono però quando percepisco la determinazione con cui ho nascosto certe cose.
La stessa forza con cui altre, che invece ho conservato, mi fanno compagnia e mi bruciano ogni giorno.
Non c'è nemmeno una vera regola, non è che accantoni solo le faccende dolorose, sarebbe troppo logico così.

Sarà, come diceva un mio professore anni fa, che "le poesie si intrufolano nei pensieri e ci restano addosso, e poi saltano fuori quando uno meno se l'aspetta. Consolano o tradiscono, ma una volta fatte nostre sono nostre per sempre"

Comunque alla fine il libro non l'ho comprato. Magari fra dieci anni questa poesia salterà fuori di nuovo in qualche momento caotico della mia vita come questo, e allora mi verrà da sorridere.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

ciao, per pietà, scrivimi il titolo della poesia di Brecht che tanto mi è piaciuta ma...essendo molto ignorante...non ho idea di cosa sia, da dove venga e quando sia stata scritta. il mio indirizzo è: xyco@hotmail.com
grazie mille, spero tu legga questo messaggio

cassandra ha detto...

@enrico:
eccola qua, in una traduzione anche simile a quella del film mi pare. Ciao C.

Ricordo di Marie A.

Un giorno di settembre, il mese azzurro,
tranquillo sotto un giovane susino
io tenni l'amor mio pallido e quieto
tra le mie braccia come un dolce sogno.
E su di noi nel bel cielo d'estate
c'era una nube ch'io mirai a lungo:
bianchissima nell'alto si perdeva
e quando riguardai era sparita.

E da quel giorno molte molte lune
trascorsero nuotando per il cielo.
Forse i susini ormai sono abbattuti:
Tu chiedi che ne è di quell'amore?
Questo ti dico: più non lo ricordo.
E pure certo, so cosa intendi.
Pure il suo volto più non lo rammento,
questo rammento: l'ho baciato un giorno.

Ed anche il bacio avrei dimenticato
senza la nube apparsa su nel cielo.
Questa ricordo e non potrò scordare:
era molto bianca e veniva giù dall'alto.
Forse i susini fioriscono ancora
e quella donna ha forse sette figli,
ma quella nuvola fiorì solo un istante
e quando riguardai sparì nel vento.

B.Brecht