domenica 27 marzo 2011

paesaggio con fiore di ciliegio

Ogni volta che sento nell'aria la primavera che sta arrivando e riesco a togliermi uno strato di maglioni mi viene in mente la canzoncina di Chaplin in Luci della ribalta (spring is here... whales are churning... worms are squirming... wagging their tails for loooove).

Lui sogna e nel sogno si mangia un fiore -prima ci mette sopra il sale- poi canta le lodi della primavera, e poi arriva la ballerina tutta impolverata.

La mia primavera è cominciata oggi, con un pranzo buonissimo e un sole deciso che ha permesso una bella passeggiata nei prati fra le chiacchiere; poi la cernita di vecchi libri (tengo/butto/ lo prendo io/ lo prendi tu); e poi il tè e un regalo bellissimo: dei rami di ciliegio pieni di piccole gemme che diventeranno fiori trasportati a costo della vita in motorino, protetti dal parabrezza e dal cappotto, fino a qui dove, finalmente, hanno trovato posto nel vaso di cristallo grande dove di solito non entra mai niente, perché è troppo grande, appunto.

La morale è che alla fine di questa giornata mi trovo nella mia casetta bianca circondata di vecchi libri con copertine curiose e fiori che mi appaiono tanto perfetti nella loro semplicità che mi sembra un po’ di stare in un haiku.

Resto con negli occhi il giallo e il verde dell'erba nuova, l'azzurro della collina e l'ombra della cupola del Duomo, il rosa e il giallo del pesco e della forsizia, le margheritine e i cani scodinzolanti, e poi tutti i quadri e le opere d'arte di una casa che è familiare e in cui però c'è sempre qualcosa di nuovo da scoprire sulle pareti e ovunque ci si giri.

Nel frattempo

ho comprato le scarpe da ginnastica da supergiovane e ho finito Paesaggio con incendio di Aloia che mi è piaciuto. E' pieno di dettagli piccoli e precisi e in alcuni momenti mi ha scatenato riflessioni fuori dai binari che tracciava: suppongo che abbia colpito qualche corda viva e ben tesa dentro la mia testa e naturalmente è buon segno. Poi ci sono stati anche i regali di compleanno-in-ritardo delle mie amiche. Ho montato il meraviglioso teatrino di Luzzati e l'ho messo sul cassettone, e ho sfoggiato la collana magnifica (che avrei voluto disegnare io, da quanto è perfetta per me) nel bel mezzo della città che si risvegliava dai torpori invernali.

Insomma, bene. Tre giorni di piccoli successi.


domenica 13 marzo 2011

cristallo

un mese che corre,
un sabato sera che sta per finire e questa cosa che mi ha preso allo stomaco, stasera.
Non so come si chiama, ma la so riconoscere, questa malinconia che si presenta in un modo doloroso, anche fisicamente. Mi fa contorcere un po' e mi fa desiderare di essere andata a dormire prima, per impedirle di farsi viva.

Le parole si diradano e i pensieri si affollano.

Non pensavo che potesse succedere quando un po' di ore fa tornavo a casa con un pacchetto bellissimo pieno di cose per Celeste, dopo aver passato due ore nel negozio a sceglierle. Anzi ero contenta, immaginandola con quegli occhioni e quel sorrisetto in una tarda primavera nord europea e pensando ai colori che le stanno meglio e alle cose nuove che scoprirà.

Faccio in modo di non pensare al fatto che avrei tanta voglia di vederla, e faccio in modo di non pensare a me.
Una bella prova.

Indugio sull'ultima tazza di tisana per ricordarmi quanto amo essere felice per il fotogramma di un film, per una canzone ascoltata nel cuore della notte, per la cassetta della posta quando è piena delle mie riviste.

Metto insieme tutte le cose belle che conosco per scongiurare una notte insonne, perché so che la bellezza è in tutti questi dettagli, non in me che perdo tempo ad analizzare i perché e i però.

Mi proietto su quello che c'è di bello fuori, metto su un altro disco.


giovedì 3 marzo 2011

la neve a marzo


Marzo.

La traduzione finita, limata e limata, alla ricerca di eleganza e sveltezza, cercando di non trascurare i significati e non facendo mai - guai - trapelare quanto le idee dell'autore siano distanti dalle mie. Sono abbastanza soddisfatta e, naturalmente, mi rimane il famoso lutto da elaborare per tutto quello che, purtroppo e inevitabilmente, da una lingua all'altra si è perduto.
Così stasera sono uscita, dopo due mesi che nemmeno ci provavo, facendo a botte col mio sonno e con la ritrosia che mi contraddistingue ultimamente.

Le amiche e gli amici, ognuno col sorriso migliore, ognuno con un dolore personale, ognuno felice, a modo suo, di essere lì in quel momento. Guardavo tutti in faccia e mi dicevo che mi sa che è questo quello che ci rende speciali. Non siamo persone che si srotolano al primo colpo di vento, ma siamo felici di vivere un attimo, anche quando la settimana o il mese è stato difficile. Questa è una cosa che vedo sempre meglio e che riesco ad apprezzare in ogni sua sfaccettatura, ogni volta che la colgo.
Perché la cosa che vorresti fare in realtà è buttare delle braccia al collo e non parlare nemmeno, ma c'è l'autocontrollo che c'è, e poi c'è anche tutta questa gente intorno. Va bene così.
Credo.
Perché poi ci sono quei momenti in cui no, non è così.
Tipo quando ti tamponano alle tre di sabato pomeriggio e ti prendi una paura boia, e impugni il telefono con l'impulso di fare dei numeri. E non li fai.
Oppure quando tua madre, con lo stesso tono di quando ti spiegava che gli spinaci sono brutti ma fanno bene, ti dice una cosa un po' allarmante. Ti rassicura e tu le credi, ma te lo ha detto con la faccia della hostess che sorride durante una turbolenza e non hai voglia di fidarti troppo.

In casa è fiorito il mughetto, fuori si muore di freddo, piove e -Povera Patria- la primavera intanto, tarda ad arrivare.