domenica 23 dicembre 2007

Santo Natale

La prima cliente di oggi entra con passo marziale e chiede il prezzo di un albero di Natale.
-Come lo vuole?
-finto.
(rapido sguardo fra me e la mia collega che significa "si comincia malissimo")
-d'accordo, ma che altezza?
-Quello.
-Viene xx.
-Voi siete matte! Vi siete montate la testa, voi commercianti, ma che vi credete, ormai è Natale, me lo deve fare a metà prezzo!
-Noooo... (sorriso di compatimento)
-Come?
-No signora, non possiamo proprio.
-Mi chiami la titolare!
-Non occorre, basto io a dirle che non si può farle il prezzo che chiede (o pensa che abbia bisogno di una balia? Sembro giovane e carina? Sbagliato, sono vecchia e malvagia. Non sa quanto sono malvagia. In questo momento mi trattengo dallo sfoderare un ghigno malefico da cartone animato e dirle "sa signora che la sua sciarpa e basta costa il doppio dell'albero che chiede?" Sa che i miei nervi sono particolarmente tesi e che sono le dieci del mattino e ancora non ho preso il primo caffè?)
-Chiami la titolare e mi faccia l'ultimo prezzo!

Mi volto a rallentatore e faccio cenno alla mia collega di chiamare lei.
La signora riesce a strappare un considerevole sconto di venti euro.
Non le basta.
-Me ne faccia trenta
-No.
-Sì
-No.
-Ma insomma...
-Signora, che mestiere faccio io?
-...
-Vendo alberi di Natale finti.
-Appunto!
-Secondo lei se non li vendo a Natale quando dovrei venderli?
-Ma...
(sorriso.)
-Ma..!
(Se ne vada o la caccio.)
-Ma io li ho visti ai Gigli meno cari!
-A parte il fatto che dubito che siano della stessa qualità, se si trova meglio ai Gigli faccia pure.

E qui scatta il tocco di classe finale.
La signora si divincola dal mio sguardo da hostess sorridente durante una turbolenza.
-Ci penserò. Mando mio marito.
(Forse il marito è un seduttore di gran classe. Forse noi stupide ragazzine saremo così intimidite dall'autorevole personalità del virilissimo marito da scioglierci, o smarrirci e regalargli l'albero aiutandolo anche a caricarlo nel portabagagli.
Provo la stessa sensazione che proverei a vedere un bambino delle elementari che piange e dice "lo dico alla maestra!")

-Ottimo, l'aspettiamo.

In questi giorni di festa -si fa per dire festa, credo che in nessun periodo dell'anno la gente riesca ad essere così acida, sgarbata e frettolosa- mi torna sempre in mente questa canzoncina. La canticchio in motorino mentre congelo, penso alla neve, contemplo le mie dita arrossate, e sogno dodici ore al giorno di svernare come i ghiri sotto al piumone, con una scorta di nocciole.


C'è la luna sui tetti e c'e' la notte per strada le ragazze ritornano in tram
ci scometto che nevica tra due giorni è natale ci scometto dal freddo che fa.

E da dietro la porta sento uno che sale ma si ferma due piani più giù
è un peccato davvero ma io già lo sapevo che comunque non potevi esser tu.
E tu scrivimi scrivimi se ti viene la voglia e raccontami quello che fai
Se cammini nel mattino se ti addormenti di sera e se dormi che dormi e che sogni che fai
E tu scrivimi scrivimi per il bene che conti per i conti che non tornano mai
se ti scappa un sorriso e ti si ferma sul viso quell'allegra tristezza che c'hai
Qui la gente va veloce ed il tempo corre piano come un treno dentro una galleria
tra due giorni è Natale e non va bene e non va male
Buonanotte torna presto e così sia.

Francesco De Gregori, Natale

martedì 18 dicembre 2007

Evil Look

lo so che lo avranno già visto tutti ma a me lui mi ha fatto stare di buon umore tutto il giorno.
E in questi giorni non è facile.

giovedì 13 dicembre 2007

le ore

Ore frenetiche e ore lente.

Nelle ore frenetiche faccio tre pacchetti insieme, mentre do il resto a una signora e spiego a un'altra le proprietà meravigliose della terracotta antigelo. Faccio la linguaccia ai bambini fuori che spengono apposta le candele accese sulla soglia del negozio (costringendomi a fare la spola avanti e indietro per riaccenderle) e butto un occhio che non ci siano nuovi ordini su internet. Nel frattempo degli ispettori dell'INPS terrorizzano i negozianti costringendo tutti a riempire un registro ogni sera con dati sulle ore di presenza, assenza, e varie serie di numeri di cui ignoro la funzione. Si tratta del registro numero tre, che va ad aggiungersi ai due in cui, all'ora di chiusura, vanno regolati, scontrini, ricevute di bancomat e carte di credito.
Infine conto banconote e monete, e sperando che i conti tornino vado a casa a godermi le ore lente.

Nelle ore lente bevo tè bollente da boccali di birra (per la capienza, così vado direttamente a pinte).
E faccio la conta dei miei sogni nel cassetto.

Sia in negozio che fuori ho a che fare coi grandi numeri.

lunedì 10 dicembre 2007

amaro (nota da un venerdì)

Aveva pianto.
Come era potuto succedere?

Ancora si chiedeva come succedano queste cose. Una parola che sembra una parola qualunque, un gesticolare preciso, un dito puntato sopra il tavolo come a puntualizzare le sillabe una per una. E un clic. Come sentirlo dentro, come aver girato un interruttore. Come se l’occhio di bue si fosse improvvisamente acceso sulla sua testa lasciandola sola sul palco senza nessun monologo da recitare.

Clic.

Ci aveva riprovato, poi, da sola. Si era ripetuta quelle parole mentre faceva altre cose, mentre sistemava oggetti sugli scaffali, distratta, al lavoro. Voleva riavere quel pianto solo per sé, perché fosse davvero liberatorio, invece nulla, nemmeno la pioggia fuori e i piedi freddi avevano aiutato.

Nella stanza bianca, concentrata a torcersi le mani e a fissare le tende tirate davanti a lei era stato tutto automatico. Ma già mentre attraversava l’enorme atrio e scendeva le scale riagganciandosi il giubbotto e infilandosi i guanti, tutto era tornato normale, composto, in ordine. Aveva inghiottito il groppo che aveva in gola e respirato a fondo prima di uscire dal portone. Aveva risistemato le cose in borsa con la solita cura e aveva dato il passo a una signora con le stampelle prima di attraversare il marciapiede e la strada.

Non era più capace, adesso di tirare fuori tutto quel nero.
Tutto era di nuovo in ordine.

Le era tornato in mente un pomeriggio quando da piccola avevano fatto visita agli zii, tutti insieme e lei aveva voluto a tutti costi fermarsi in un posto a bere una cioccolata calda. Nessuno aveva voluto prendere niente e di colpo si era sentita stupida e viziata a fare aspettare tutti per quel suo capriccio. Così aveva bevuto la cioccolata più in fretta che poteva e si era scottata la lingua tanto che per tutto il giorno aveva sentito l’amaro di quel desiderio.

Che stupido che le venisse in mente adesso quel pomeriggio di vent’anni prima.

Eppure la sensazione non era tanto diversa.
Il pianto si era trasformato presto in amarezza e in nostalgia.
C’era stato un momento in cui quell’amarezza non c’era.
Ed era lontano quasi quanto quella tazza di cioccolata bollente.

mercoledì 5 dicembre 2007

botte

Fatto.

I-pod caricato, piatti lavati, borsa dell’acqua calda nel letto.
Ci sono, anche se le gionate, le cose da fare e la polvere aumentano.
Ci sono, ci sono.

Con tutti questi dischi nuovi da ascoltare, con un sacco di fogli scarabocchiati e anche –perché no- con un bernoccolo sulla fronte. Nuovo di zecca. Sportello della piattaia che mi si è avventato addosso mentre mi alzavo di scatto dopo aver raccolto la spugna.
Barcollo, oltre che per la botta in testa, per quanto siano vorticosi questi giorni. Così vorticosi da far girare la testa.

Dal fine settimana sembra già passato un mese, ed era solo ieri.