giovedì 19 aprile 2007

bagagli

mi saluta festoso incontrandomi per la strada, ridacchia quando mi vede così emozionata.
Sì, ma ora parliamo del narratore, anche se immagino che non ce la faccia a pensare ad altro...

adesso sono a casa con davanti una valigia grandissima aperta e vuota, dentro ci potrebbe stare tutto il mondo o nulla, non ho ancora capito. In parte sento che tutto quello che mi potrebbe servire ce l'ho addosso. In parte ho bisogno di cose che mi ricordino che sono in viaggio.

Parto.
Domani primo spostamento, poi venerdì il volo.
Un'emozione che non provavo da molto tempo. Saranno i film, saranno i libri, sarà che non sembra vero che quel luogo esista davvero e vada esplorato anche con le gambe oltre che con gli occhi e l'immaginazione.

Se ti va cerca di farti viva. Basta un messaggino. Non voglio essere un pensiero eh, ma giusto per sapere che ti diverti.
Non ti preoccupare, trovo il modo. E comunque, anche se decidessi di restare lì ripasserei un attimo a prendere i miei libri.

Bene. S'è fatto tardi. Ci si risente a maggio.

venerdì 13 aprile 2007

fine settimana

venerdì sera.
il consueto andare di asciugacapelli e spazzola nella stanza accanto, seguito dal consueto andirivieni sui tacchi a spillo verso lo specchio grande.
questa settimana è finita e stasera vedo tutto quello che è successo che si dissolve per aria come il vapore che esce dalla pentola a pressione fischiando.

l'aria tiepida
i fogli sparsi dappertutto
un po' di cose sistemate, ma la maggior parte fuori controllo
l'i-pod in carica
la lavatrice che trottola
scegliere un libro da leggere quando quello nella borsa è finito
biglietti di viaggi fatti e da fare
un amica lontana eppure vicinissima
anzi due
anzi tre
l'indice della mia mano destra consumato dal mordicchiare costante
la crema per le gambe quasi finita
l'ingestibile frangetta
L. con la vespa nuova che luccica sotto il sole primaverile
una cena fra femmine ridacchianti
il maglione arancione coordinato con camicina grigia a righine arancioni del mio prof dandy mentre riga per riga confutava e correggeva, e l'odore penetrante di sigaro toscano in quella stanza
una canzone fissa in testa
la voglia di togliersi le scarpe ogni cinque minuti
l'insonnia
il sonno
le chiacchiere dei miei
un lampione acceso in via de' neri alle quattro del mattino in un inaspettato incredibile silenzio
il pensiero fisso del viaggio


e la nostalgia

lunedì 9 aprile 2007

memoria

sabato sera dopo una giornataccia di lavoro pre pasquale sono andata al cinema sola soletta e con i miei ultimi spiccioli ho comprato il biglietto per vedere "le vite degli altri".

Bellissimo, non credevo che mi avrebbe fatto tanto effetto.
Per buona parte del film, veramente, sono stata molto a disagio, mi sono mangiata le unghie e arrotolata i capelli sull'indice più nervosamente del solito. Ma a un certo punto mi sono come sciolta e da lì è stata tutta un'altra esperienza.
Non mi va di raccontare nulla di preciso o spreciso a proposito della trama o del protagonista (che è un personaggio meraviglioso e toccante, senza però scadere nello sdolcinato o aggiungere troppo a quello che già dice con i suoi enormi occhi).

Ma c'è una cosa che mi ha lasciata perplessa più delle altre.
E' un discorso che ha a che fare con il ricordo e con lo strano sistema in cui certe cose si archiviano e si vedono.
In un momento preciso (e direi di svolta) del film il protagonista si illumina leggendo una poesia di Brecht. Una poesia bellissima che per qualche ragione io conoscevo benissimo, tanto che mentre la sentivo leggere l'ho recitata dentro di me senza nessun problema.
Mi sono chiesta com'era che la conoscessi, ma non lo ricordo.
A volte il mio babbo cita poesie a memoria mentre mi spiega le cose, le più svariate intendo, ma di solito cita Dante e di solito non gli do poi tanto ascolto. Ho pensato, però, che poteva essere da lui che l'avevo sentita.
Invece ieri sono andata a casa dei miei a pranzo e ho chiesto se mi potevano prestare il libro delle poesie di Brecht.
"Non ho nulla di poesia" dice il mio babbo. "solo il teatro". Chiedo a mia madre, stessa risposta.
"ma la conoscete quella poesia che dice..."
Sguardi interrogativi.

Un po' smarrita, vado in libreria oggi, accompagnata da questo sole tiepido e da uno sciame di turisti assatanati che fotografano qualunque cosa, cerco un po' e trovo il volume delle poesie di Brecht. Non è tanto attraente e non ho molta voglia di comprarlo. Decido che se trovo la poesia in questione lo prenderò, altrimenti nulla.
Comincio a sfogliarlo pagina per pagina e finalmente riesco a venirne a capo. Si tratta di una parte di una poesia più lunga, ma la traduzione è talmente diversa che quasi non la riconosco.
Quindi non solo conosco il testo, ma ne conosco anche una traduzione particolare.

Ci sono delle cose che la mia testa ha evidentemente accantonato.
Quando studiavo a Glasgow ho fatto un corso su Madre Coraggio, che mi piacque immensamente e che mi fece scoprire anche altre cose fra cui La Vita di Galileo, a cui ripenso spesso, spessissimo specialmente riguardo al comportamenteo della Chiesa su certe faccende.
E' possibile che nelle ore passate all'ultimo piano della biblioteca universitaria laggiù, con la neve fuori e il silenzio ovattato di una moquette color panna abbia letto anche le poesie? Ma in italiano? Io riesco a vedermi, sormontata da pile di libri e dispense e matite colorate, sfogliare pagine che mi avrebbero fatto compagnia anche negli anni successivi, ma è come un'immagine lontana, vista da una finestra, attraverso un vetro un po' opaco.

Mi succede spesso di vedere i miei ricordi come se fossi in un altro posto, di riviverli senza veramente partecipare, come al cinema, come se vedessi quello che è successo a un'amica.
Mi impressiono però quando percepisco la determinazione con cui ho nascosto certe cose.
La stessa forza con cui altre, che invece ho conservato, mi fanno compagnia e mi bruciano ogni giorno.
Non c'è nemmeno una vera regola, non è che accantoni solo le faccende dolorose, sarebbe troppo logico così.

Sarà, come diceva un mio professore anni fa, che "le poesie si intrufolano nei pensieri e ci restano addosso, e poi saltano fuori quando uno meno se l'aspetta. Consolano o tradiscono, ma una volta fatte nostre sono nostre per sempre"

Comunque alla fine il libro non l'ho comprato. Magari fra dieci anni questa poesia salterà fuori di nuovo in qualche momento caotico della mia vita come questo, e allora mi verrà da sorridere.

sabato 7 aprile 2007

ricadute

messaggio dalla mia amica che per il week end lungo di Pasqua è partita alla volta della casa con l'eucalipto.
"qui sole! Chiunque è benvenuto!"

Segue telefonata in cui si illustra l'attività della mattinata.

"sveglia tardi, passeggiata a Porto Ferraio, colazione ai tavolini di un bar assolato con lenta lettura dei giornali... vieni?"


Sob.

...quasi mille miglia
più lontano io sono
bella mia sogna
fino a quando io tornerò...

(dudi dudi dudi..)

mercoledì 4 aprile 2007

oh happy days

giornata da mettere nel libro bianco.
consegna delle pagine al mio prof, e nuove pagine a cui pensare;
idea accademicamente brillante -almeno mi pare, ma è già una soddisfazione averla avuta- partorita sulla vespa mentre un cretino mi stava per uccidere con la moto;
presi accordi per un colloquio di lavoro a breve (molto, molto breve) mentre stavo confezionando uova di cera in ghirlande di ranuncoli, e mi chiedevo le solite cose che mi chiedo sempre sulle ghirlande e sui ranuncoli;
e stasera birretta con le amiche.

Il tutto, ammetto, condito dalla solita stanchezza mostruosa, dalle caviglie distrutte e dalle occhiaie. Ma stasera, pazienza.

oh yeah.

martedì 3 aprile 2007

martedì sera, mercoledì mattina

finalmente.

mi sono arrabbiata, ho pianto, ho avuto paura, ho passato le notti in bianco, ho lavorato con i tappi alle orecchie quando c'erano i muratori e poi in negozio, fra una vecchietta e l'altra (e siamo a Pasqua, le signore del centrotavola in questo periodo non perdonano) oggi, colmo della sfortuna, mentre stavo sul balcone a scrivere le correzioni su un mucchietto di fogli gialli mi sono distratta dal mucchio di fogli bianchi -che sarebbero poi quelli già pronti, non da rivedere- e un colpo di vento li ha fatti volare via. Ho passato dieci minuti nel panico a ricercare tutto, mezza arrampicata alla ringhiera e graffiandomi le dita per arrivare alla tettoia sottostante. Al controllo mancavano due pagine. Mi dico che poteva andare peggio nonostante mi senta un po' lo scemo del villaggio.

Adesso è tutto pronto e stampato. Stasera dopo cena ultima revisione a mente fredda e poi, domattina, per la prima volta da tre mesi (forse di più) riuscirò ad andare dal mio professore con un po' di materiale da fargli leggere.

Annuncio al mondo che stasera, dopo l'ultima stampata, passerò ore sparapanzata sul letto a laccarmi di rosso le unghie dei piedi e a leggere orgoglio e pregiudizio. E nessuna attività al mondo -quasi nessuna, via- mi sembra più allettante in questo momento.