martedì 6 dicembre 2016

Passion

Sentirsi dire di punto in bianco "signorina, lei ha veramente bisogno di una vacanza" e sentirlo dalle parole di un professionista non di un amico premuroso, e sapere che è vero, e sapere che domani è un altro giorno di Natale in negozio e sapere che questo significa che non sarà possibile distrarsi neanche quei dieci minuti in cui non entra nessuno e sfoglio un libro, mi lascia poche armi e poca immaginazione.
Vivo perennemente con l'elmetto in testa, in attesa di notizie e informazioni e in attesa che la giornata sia alla fine per poter finalmente accendere il mio computer alle undici e vedere un episodio di qualche serie, oppure leggere due notizie un po' più scrupolosamente - in questi giorni sarebbe il caso - del veloce colpo d'occhio dato alla pagina web fra un cliente e l'altro.

Ma oggi ero libera e mi sono dedicata a mente e corpo come meglio potevo. E poi ho camminato, tanto, che in questo periodo pare sia la sola cosa che mi fa veramente dissipare un po' di nebbia. Cammino con il mio bel cappotto e con il berretto sulle orecchie, respiro aria freddina e sputo tossine,  nel frattempo ascolto musica scombinata scelta dal telefono e ogni tanto mi fermo a fare una foto.


Ogni tanto mi ricordo le mie passioni e ancora non le ho abbandonate e questo mi rende sempre, segretamente, un po' fiera.


mercoledì 15 luglio 2015

beauty

La vita è piena di cose bellissime.
Tipo questo quadro, nuovo sfondo del desktop,
tipo questo film, rivisto tardi mentre il caldo scioglie i tasti del computer,
tipo fare bene il tuo lavoro senza bisogno che qualcuno ti dica brava.

Penso sia colpa mia se ora non vedo la bellezza, ma mi sto esercitando e a un certo punto ci riuscirò di nuovo.

giovedì 28 maggio 2015

cristallo

«Perché ha un bene più prezioso di qualsiasi intelligenza: un cuore onesto e fedele! È questo il tesoro naturale che ha conservato intatto per tutta la vita. Non ha resistito agli scossoni, si è disinteressato a tutto, è caduto in letargo, battuto e deluso, dopo aver perduto la forza di vivere, ma no ha perduto né l'onestà né la fedeltà. Il suo cuore non ha mai dato una nota falsa, il fango non lo ha contaminato. Nessuna menzogna, per quanto ben costruita, potrà mai sedurlo e nulla potrà attirarlo su una falsa strada; anche se sarà contornato da un mare di sozzura e di perfidia, anche se tutto il mondo sarà avvelenato e sovvertito, Oblomov non si inchinerà mai all'idolo della menzogna, la sua anima rimarrà sempre pura, limpida, onesta... Un'anima cristallina, trasparente; gli uomini come lui sono pochi, sono rari, sono perle nella folla! Il suo cuore è incorruttibile: te ne puoi fidare sempre o ovunque. Ecco perché tu gli sei rimasta fedele, e perché non giudicherò mai un peso dovermi preoccupare per lui. Ho conosciuto molti uomini ricchi di nobili qualità, ma non ho mai incontrato un cuore più puro, più limpido, più semplice del suo; ho amato molte persone, ma nessuna con tanto calore, con tanta costanza come Oblomov. Una volta che hai imparato a conoscerlo, non puoi cessare di amarlo. Non è così? Ho indovinato?».

Ivan Gončarov - Oblomov

sabato 7 febbraio 2015

Diario

Non è che non abbia avuto voglia di scrivere in questi mesi.
Ne ho voglia sempre, ho sempre diecimila fogli in borsa e diecimila idee in testa.
Mi è solo mancato il tempo per tirare le fila di tutto quello che ho fatto.
Intanto mi dico brava, perché ho lavorato dieci mesi di fila dalle 9 alle 20 senza sosta, con in mezzo un Natale in negozio e le scadenze dei libri che dovevano uscire. E con la sveglia, ogni giorno, alle 6.30: in barba a tutti quelli (fra gli altri me stessa) che non pensavano che le levatacce quotidiane si potessero combinare con la mia insonnia.

Lo devo dire: è stato bellissimo. 

Ho conosciuto autori, letto libri magnifici, compilato indici, scelto immagini per le copertine, fatto pasticci, imparato da tutti: dalla direttrice, dai grafici, dai compositori, dalle colleghe di redazione e di magazzino. Ho passato ore sugli autobus studiando la gente e leggendo senza sosta, ho bevuto decine di caffè della macchinetta e mangiato quando me lo ricordavo. Non mi sono annoiata nemmeno un momento, non mi sono pentita nemmeno un momento.
Ho ricevuto stima e affetto e la promessa di lavorare ancora.

Adesso che sono fuori dalla bolla, riprendo lentamente le forze. 
Molto lentamente.
Riprendo i miei progetti che sembrano avere ancora un futuro, e mi porto a casa ogni sera un lavoro che non volevo lasciare a metà.
Come se fosse un cerchio che si chiude, è un lavoro su un bellissimo diario, il lungo diario di un famoso intellettuale.
E non potevo chiedere una chiusura migliore: leggere pagine e pagine di vita di una persona interessante e capire - ancora più profondamente di quanto non lo abbia sempre percepito istintivamente - che la vita è scrittura, è narrazione, e a volte per leggersi dentro bisogna davvero fare un passo fuori da noi stessi.




domenica 25 maggio 2014

Lucky

Strappato alla campagna, lo spiazzo su cui si trova l'edificio è circondato dal traffico della rotatoria. Intorno spighe, sterpi, erba alta, papaveri come macchie di colore lanciate da un pittore pazzo, piscialletto e margherite più delicati e nascosti fra il ghiaino che costeggia il marciapiede e l'asfalto su cui sfrecciano le macchine. La siepe che delimita l'edificio è piena zeppa di api che si affannano su e giù: non si notano a un primo sguardo, ma in pausa caffè, mentre cercavo un raggio di sole per scaldarmi la schiena, mi sono avvicinata e subito tirata indietro. 
Le api sono attratte dall'odore del polline, e io da quello della carta: ogni mattina quando entro in quel magazzino e sono un po' in anticipo mi fermo un attimo a respirare: carrelli che vengono portati su e giù, scaffalature alte e mucchi di libri dappertutto, e quel profumo: di infanzia, di passeggiate in libreria con il mio babbo, ferma su uno sgabello a sfogliare qualche libro illustrato mentre lui sceglie questo o quell'autore e concorda l'arrivo di questo o quel volume con il commesso. 

So che è molto più prosaico il lavoro che poi c'è dietro tutti questi libri: so che ci sono corse pazze dietro alle scadenze, mucchi di fogli da riciclare, post it da tutte le parti, arrabbiature e piccole soddisfazioni. So anche che è buffo e nella mia testa lo vivo ogni giorno: il contrasto fra tutto quell'etereo e tutta quella poesia e poi il duro lavoro che c'è dietro, fatto di tante altre cose e simile a tutti gli altri lavori. 
Ma a me sembra lo stesso un lavoro magnifico, una specie di Paese dei Balocchi, oppure, ancora meglio, il buco del Bianconiglio, dove tutto è allo stesso tempo misterioso e affascinante ma crea anche qualche piccola inquietudine. 

Mi sforzo di essere brava e di fare il mio dovere e prima o poi forse sarò capace. 
Per ora, ogni mattina cerco di imparare tutto in cinque minuti e di far sì che il tempo non mi sfugga dalle mani, ma ogni tanto mi fermo e mi sorprendo a chiudere gli occhi un istante e  mi viene da dire "ragazzi, che fortuna".

[Dedicato a S. con tutta la gratitudine del mondo per tutta la sua pazienza e per avermi portata per mano nella tana del Bianconiglio.]

lunedì 7 aprile 2014

cristallo

"Ascolta le canzoni, diceva lui. Ascolta. Le canzoni che ho scelto io". E io, ubbidiente, ho ascoltato. "Ora le puoi mescolare come vuoi e ascoltare quando vuoi. Mescola bene, mescola ancora. Mescolati lo stomaco, poi girati e fammi vedere." E io mi giravo e mostravo. Eccomi, con tutto lo stomaco sottosopra. 
Ma non so perché l'ho fatto. Io non ero mai stata ubbidiente.

Cammino in Via de' Bardi in mezzo all'odore di mordente dei falegnami e dei restauratori, in mezzo al freddo perché ho creduto che fosse primavera e non mi sono vestita a sufficienza, con in testa una traduzione e una preoccupazione.
Lo stomaco forse l'ho rimesso a posto. Ma ci ho messo anni, e non sono più stata uguale.

Non sono mai più stata uguale.

"Sanguini", mi diceva, "sanguini e stai sporcando tutto il tappeto. è un bel tappeto e la macchia non se ne andrà più via."

Raggiungo il Lungarno e scopro che sono ancora mortificata per quella macchia. Ci penso e mi vergogno. Cammino a passi pesanti guardando l'acqua grigia, la riga dei palazzi di là dal fiume, i miei stivali consumati e penso a quel tappeto. Avrei tanto voluto rimediare.
Ho sempre voluto rimediare a tutto. Ma ero ferita e non mi sono uscite le parole.

Però poi ci ripenso. Scommetto che non serve più.
Scommetto che la macchia si è sbiadita piano piano e che adesso è scomparsa del tutto.

lunedì 24 febbraio 2014

lunedì

Rientro faticosamente a casa dopo aver passato il fine settimana a chiacchierare, vedere partite e festival di Sanremo, lavare piatti, rilavare piatti, cercare di sentirsi utili.
Rientro in casa ed è tardi, mi accoglie il mio profumo di colonia e polvere di caffè, qualche volta di panni stesi, metto sul fuoco il bollitore, mangio un biscotto. Riapro il lavoro quasi finito, spulcio Repubblica, ascolto due o tre canzoni, e mi ripiego sulle mie virgole e i miei punti.

Ieri ho incontrato al supermercato un vecchio amico che non lavora, ed è contento. Parte, poi torna, lavora tre mesi poi smette, e sembra contento. Non so se c'è o ci fa, ma mi sembra sincero. Mi chiedo come si fa, io se non faccio tre lavori insieme mi sento persa e inutile, e poi mi coglie il pianto. Mi coglie di sorpresa senza preavviso, perché ho ritrovato una fotografia o perché ho rivisto il finale di un film d'amore. Mi coglie quando sono inattiva e mi fa impazzire
di rabbia, e allora inattiva non ci resto, a costo di svenire per strada, perché sono andata di corsa a lavorare senza aver fatto colazione.

Quindi ecco la mia medicina, correre, fare, poi fermarmi per tirare il fiato, poi ricominciare.
Pazienza per tutto quello che non c'è.
Pazienza per le storie che non posso raccontare o per le lampade che devo scegliere da sola. Me lo ricordo com'era fare le cose con la voglia di condividerle, e semplicemente non lo voglio fare più. Non mi voglio ritrovare con altre foto che mi facciano imboscate o con altra musica che mi paralizzi.

La fortezza rialza il ponte levatoio e chiude il portone.