ritengo che per comprendere interamente una sola cosa, non importa quanto sia minuscola, occorra la comprensione di ogni altra cosa al mondo. Ecco perché a volte mi do per vinto di fronte alle cose più semplici; ecco perché non mi dispiace di passare una vita intera nel prepararmi a iniziare la mia indagine. (John Barth. L'opera galleggiante)
martedì 27 dicembre 2011
Minuetto
giovedì 8 dicembre 2011
Sharing nights
Al mio sfondo nero con pochi fronzoli, in realtà ci sono affezionata.
Scrivo poco qui, forse troppo poco, ma ho ricominciato a scrivere lunghe lettere a M. che archivio con l'etichetta "nights".
E' molto bello questo nuovo scambio, io con le mie novità silenziose, le mie nuove notti in bianco, lei con le sue nuove notti in bianco. Sono notti intense, davvero come non me ne capitavano da tempo, fatte di odori nuovi e di emozioni sconosciute.
Era cominciata così:
poi un paio di giorni dopo:
e poi:
Poi ci sono le riflessioni che mi fa tenerezza rileggere, perché sono naif, e magari proprio perché sono naif hanno un fondo di verità:
La mia scrittura, il mio mondo, la lettura, i dischi, il negozio impazzito, il Natale che arriva.
Più di una volta in questi giorni mi sono chiesta "ma che sto combinando?" Poi rileggo le lettere che ho scritto, e poi le risposte, e penso che sono sulla mia strada. Forse è una strada notturna, ma è mia, l'ho preparata a lungo, e ora sembra sgombra da ostacoli e finalmente percorribile.
Sono su una strada che porta al mare, e sembra che funzioni.
venerdì 18 novembre 2011
lento
le notti si sono ribaltate,
le sigarette sono sparite,
c'è un pacchetto intero, nuovo, ancora da aprire che mi guarda sul tavolo di cucina e sembra una cosa lontanissima, sembra una cosa che non c'è mai stata.
La finestra aperta sulle prime ore del giorno e una luna perfettamente divisa a metà.
Si sente odore di qualcosa che non sono io, fra le mura della casetta bianca. Sono le bucce dei mandarini, i gusci delle noci, i respiri di una notte che si scioglie mentre alla radio parlano piano piano del nuovo governo e mentre fuori qualcuno inizia a mettere in moto i motorini.
Ci sono sensazioni che pensavo di aver perduto e invece sono tutte lì. In realtà sono diverse, sono più belle, in qualche modo più reali, più consapevoli. Gambe e mani sembrano andare d'accordo per la prima volta dopo quella che sembra un'eternità.

senza paura di me.
E senza fretta.
venerdì 4 novembre 2011
vagabondi
Le due righe da parte della persona cara, o di qualcuno che sa strapparti una risata e basta, o quella bella sensazione di sorpresa di quando arriva un messaggio che non aspettavano e che fa piacere, tutto questo si materializza come un fumetto sulla testa di chi passeggia un po' ubriaco, incurante della cacca che potrebbe pestare o di urtare qualcuno e ogni volta mi fa pensare che la vita ci mette veramente un secondo, certe volte, a sembrare gentile.
domenica 23 ottobre 2011
papaveri e papere
La scemenza eccola: l'oroscopo di D di Repubblica che dice così

Concediti di essere inaudita. Nulla di te davanti agli dei fa pena. Non far sorgere disillusione, sii elegante e raffinata nel lasciarti andare alla fiducia. La grande stella Giove è la tua perla di luce.
La canzonetta eccola: un pezzo dal disco nuovo di Dente che mi sta piacendo tanto e in motorino è praticamente perfetto
questo è quasi tutto
quasi tutto quello che ho scritto
alzandomi dal letto
inciampando nei tuoi fogli da disegno
in quella notte poco complicata
in quella notte senza vestiti
in quella notte dentro casa tua.. e adesso lo sai.
Questo, un complimento e una cena squisita, sono le caramelle della mia serata.
giovedì 13 ottobre 2011
in volo

Mi sento così bene che di colpo sono tornati fuori come un fiume in piena tutti i sentimenti che volevo restassero giù, mi sveglio con dei sogni difficilissimi attaccati agli occhi e non riesco a liberarmene per ore, durante la mattina. Mi viene da cantare forte mentre vado in motorino, mi sento come un animale, chiuso in una stanza da qualche parte, che vuole uscire finalmente allo scoperto.
Sono sentimenti che mi fanno paura.
Il mio proverbiale autocontrollo viene minacciato da un abbraccio stretto, da una sensazione di calore dimenticata da secoli, dalla luce sottile che tremola fuori da un vetro, dall'odore di certi camini che piano piano cominciano a essere accesi facendo assomigliare l'aria della notte al fumo che esce dai baracchini delle caldarroste.
Marlon Brando, quindi.
Una lampada accesa, una valigia da preparare.
sabato 1 ottobre 2011
dancing on a friday night

Certo, quelli sono una buona parte del caos, ma stavolta c'è qualcosa in più. Ci sono i guai piacevoli, ci sono cose divertenti. Per esempio essere svegliata da un'amica che ha preparato il caffè, per esempio sentirsi tutta lunga lunga - e non è facile dalla mia altezza - e proiettata verso l'alto, e poi leggere un libro che per una volta è solo una distrazione, solo la cosa che traghetta dal buttarsi a letto dopo una doccia calda al sonno. E altre cose interessanti e curiose.
Resta il fatto che dopo aver bevuto mezzo bicchiere di vino bianco a cena, dopo aver fatto una doccia bollente di 20 minuti, e dopo aver fatto un progetto o due in una specie di dormiveglia, sono tornata in cucina per bere e ho acceso la radio. e davano questa. Non ci ho pensato poi tanto e ho ballato.
I tempi in cui ballavo da sola al buio durante la notte, mi sembravano passati da un pezzo.
Ma penso che se una serata finisce ballando da sola al buio, è comunque una serata da ricordare.
Forse una settimana da ricordare.
Che Ottobre cominci.
martedì 20 settembre 2011
Cinque minuti di pausa
martedì 13 settembre 2011
rette parallele

lunedì 5 settembre 2011
moonlight
Quest'anno il compleanno di mio padre si festeggia in ritardo, perché i miei sono partiti per un viaggio, per festeggiare. Ma settembre è arrivato di nuovo ed è di nuovo meraviglioso, con la sua luce piena di verità e la sua malinconia.
Molti anni fa, così tanti che sembra un'altra vita, proprio in questo periodo presi un treno. Non avevo valigia, solo una giacca di pelle verde, una borsa con dentro uno spazzolino da denti e un pigiama, e una bottiglia di vino. Andavo in cerca dell'amore, sapevo dove trovarlo, in un viaggio che durava solo due giorni. E oltre all'amore trovai molte altre cose.
In questo settembre caldissimo mi è capitato di sognare quel viaggio, la notte stellata in una città del sud, una corsa in macchina, una ragazzina con le palpitazioni. Il ricordo è tornato a galla così, affiorato da chissà dove e chissà come mai, dopo tanto tempo che non ci pensavo più.
Questa sera ho ricevuto tante foto della mia nipote, che adesso si solleva aggrappandosi al divano e ha tre denti sopra e due sotto. Sorride tantissimo ed è bellissima.
L'estate finisce, io ascolto Paolo Conte e fra un lavoro e l'altro giocherello con la macchina fotografica nuova. La gatta strilla per la nostalgia.
Il prossimo viaggio con le palpitazioni, lo voglio fare verso nord.
venerdì 29 luglio 2011
La prima volta

La nuova libreria del mio quartiere è frequentatissima. Non ci speravo, quando hanno aperto, mi immaginavo la popolazione media del quartiere dove abito e proprio non ce la vedevo a ciondolare in libreria e a scegliere il romanzetto.
Invece quando passo c'è sempre qualcuno e dentro c'è fresco e penombra, e nessuno ti corre dietro, non squilla ogni cinque minuti il telefono, non c'è musica accesa.
La commessa mi chiama ormai per nome, non perché mi conosca particolarmente bene, ma perché ha fatto il corso preparto con la moglie del mio cugino, e anche perché sono la più piccola fra tutti i miei parenti che frequentano la libreria.
Oggi, timidamente, mentre ritiravo un libro arrivato fortunosamente in questi giorni, mi ha guardata e ha chiesto "scusa se te lo chiedo, ma tu che mestiere fai?"
Domanda faticosissima per me.
Ho smesso da un po' di dire che faccio la commessa (lo riservo solo a quelli con cui voglio veramente tagliare corto) perché altro che commessa, qui ormai ho una gestione di lavoro fra ordini, fatture, vendite on line, contabilità e tutto il resto che sembro un'imprenditrice d'assalto più che una biondina cortese che accosta i colori dei fiori creativamente.
Ora dico che lavoro per un'azienda fiorentina, cosa che sminuisce un po' meno la quantità di cose che faccio dalla mattina alla sera nel magico mondo delle candele.
Oggi, dopo aver passato tutta la notte a bestemmiare su quanto è arrugginito il mio francese e su quanto (quanto, quanto, davvero!) vorrei parlare tedesco, ho alzato il capino e ho detto "faccio la traduttrice".
La mia prima volta.
domenica 24 luglio 2011
q.b.
Adoro queste giornate calde calde e con il vento forte: sembra di essere al mare, quando non puoi nemmeno leggere perché le folate ti scompigliano le pagine del libro e ti mandano i capelli davanti agli occhi. Qualcosa che c’è in quest’aria che corre ribelle di qua e di là mi rende allegra: tutto mi sembra a portata di mano, tutto mi sembra seguire questa specie di onda. Anche l’edera che cresce a tutto spiano senza decidere che direzione prendere, anche imbastire un panino alle tre del mattino mentre finisco una traduzione e nel frattempo sento un disco dei Flaming Lips. Anche i miei vicini misteriosi che non protestano mai per la musica alta. Non mi avevano detto che a vivere nei condomini si sperimentano tutti quei quotidiani nervosismi che rendono le persone insofferenti verso la minima sciocchezza? Io i condomini non li vedo mai e nemmeno li sento, a parte la famiglia indiana del pian terreno che si mette per strada a bere e chiacchierare e mangiare roba che profuma di spezie piccanti.
La felicità, o qualsiasi cosa a cui mi piaccia attribuire questo nome, è una cosa fragile: un’alchimia strana e perfettamente incomprensibile fatta di clima mite, tè freddo molto dolce, mattine in cui si può dormire, e poi mattine in cui ti svegli all’alba per fare cento cose, lavori interessanti, lavori stancanti, persone che ti danno notizie sensazionali, serate in cui ti metti i sandali e fai 40 minuti di macchina per andare a una festa dove si balla fino a tardi, e serate in cui stai a casa a piedi scalzi a cucinare una torta mentre ascolti la radio. Un grammo in più di questo o un grammo in meno di quello e tutto può precipitare, scombinarsi e andare all’aria. Quando gli ingredienti si mescolano bene e le cose stanno in equilibrio, bisogna fermarsi, assaporare quel momento, cercare di memorizzarlo, perché se c’è una cosa che ho imparato, se ho una certezza a questo mondo, è che prima o poi la crema impazzirà di nuovo e l’alchimia si guasterà in qualche modo imprevedibile che mi farà sentire ancora sbilanciata da una parte e mi farà stare lì a gambe incrociate sul letto a pensare “che c’è che non va?”.
Quando succede, poi, mi sforzo senza successo di aggiustare quel grammo in più o in meno di quel qualcosa, che proprio non so che sia, ma le ricette sono così, se vengono bene si capisce dall’inizio, correggerle a cose fatte è quasi impossibile.
martedì 5 luglio 2011
Cream tea
Certo, il viaggio per Oxford porta via lo stesso tempo che cambiare continente, ma quanto me la ricorderò questa trasferta? I progetti, il freddo, il tè, gli Arcade Fire, il sonno nel pullman di ritorno da Londra, le parole.
Una vacanza vera, fatta di parole e musica, quel palco immenso al centro di Hyde Park, il tizio che mi fruga la borsa all'entrata, trova le fragole e me ne chiede una, le italiane, nella folla di locali, che a metà giornata tirano fuori il panino con la frittata, in mezzo all’invidia generale. Il sole tiepido nel parco, mentre per cinque giorni avevo sofferto un freddo che nemmeno io sospettavo di poter soffrire in piena estate, i bicchieri di birra che volano sopra le teste della gente annaffiandoti senza però infastidire troppo, in fondo è vacanza, è un concerto, sto ballando da due ore, sotto i miei piedi c’è un prato e sopra la mia testa cielo limpido e venticello fresco, e dei palloncini che ogni tanto si solllevano.
Sorellanza.
Tornare la sera da un’esperienza assurda al ballo di fine anno di un’università, dove tutti sono in lungo e cravatta bianca, e tu pensi che ti senti felice con la tua giacca di pelle e pantaloni neri, sei felice anche quando ti senti totalmente fuori posto, perché c’è con te una persona che ami e non ti importa del cretinetto ventenne tutto impomatato che ti fa il filo sfottendoti un po’, tanto sei lì con la tua macchina fotografica e la tua isola di pensieri, nelle orecchie hai ancora wake up e quel coro lungo lungo della gente al concerto e poi i giardini del college sono incredibili da come sono belli, così rubi un rametto di lavanda e lo infili nella tasca, per ricordartene, poi, il prossimo autunno quando la ritirerai fuori.
Poco dopo, in un locale del quartiere carino, semi deserto e con le luci basse, parli sottovoce con in mano un bicchiere di vino bianco e ti senti nuda e compresa, ti viene fuori anche un tremore, anche una lacrima, ma serve a capire che ci sono cose che non si allontanano per quanto siano lontane, che ci sono persone che sono sempre come le vorresti, ci sono comunicazioni che non falliscono, che gli anni non appannano.
Torni a casa con una valigia piena di libri, con un vestito blu come la notte, con in testa una specie di geometria, come un sonetto che finalmente trova la rima giusta. Spalanchi le finestre e dai un po’ d’acqua alle piantine e dopo tanto tempo, trovi la voglia di mettere un disco e sdraiarti sul divano, mentre fuori la campana della chiesa segna le ore e il ghiaccio tintinna nel bicchiere.
domenica 26 giugno 2011
partenza

E' un'estate vera, caldissimo fuori e fresco fra le mura spesse della casa.
martedì 31 maggio 2011
zona franca

giovedì 26 maggio 2011
venerdì 20 maggio 2011
night and day
Ed ecco il venerdì sera di chi lavora il sabato: la lavastoviglie che emette quel gemito che fa sempre prima di partire (proprio a me una lavastoviglie sentimentale? O fanno tutte così?), io che emetto il sospiro che faccio sempre da quando ho una lavastoviglie (potrò mai ringraziare abbastanza l'essere umano che l'ha inventata?), il solito - appena arrivato, dopo la consegna dell'ultimo due giorni fa - pacco di bozze davanti a me, una tazza che fuma alla mia destra e un disco basso basso nello stereo.
domenica 24 aprile 2011
terre straniere
Finite le incombenze della giornata, archiviate le lenzuola da stendere, i piatti da lavare, il vento che ha scompaginato i fogli, i tulipani viola sopra la tavola; ora la tazza di tisana fuma sopra il comodino, metto un filmetto nel pc, ma ancora non so quale, mi accendo l’ultima sigaretta della giornata.
Dormire è complicato perché mi faccio brutti scherzi. La scorsa notte, per esempio, passeggiavo in una città che amo dove non vado da un po’, e che mi manca tanto. Molte strade buie e molte pozzanghere in giro.
Stereo Notte ha cominciato le trasmissioni con Iron and Wine e poi ha proseguito con Jeff Buckley. A me tutto appare significativo: anche la pioggia nell’unico giorno libero del mese, anche il libro con la costola consumata che si apre a una pagina precisa, e anche questo saltellio sulle corde della mia colonna sonora sentimentale che fa mancare per un istante la gravità nella stanza. Lo annoto mentalmente e poi dico fra me che è solo un’altra cosa da archiviare, e che tanto non importa. Me lo dico così spesso che ho sviluppato una specie di callo, una pelle durissima che si chiama proprio “tanto-non-importa” e che fa la stessa resistenza del mio vecchio giubbotto di pelle quando tanti anni fa feci quel volo in motorino. Il giubbotto distrutto, io nemmeno un graffio.
A me non importa, e quindi mi importa.
Il passato non è lì invano, fa parte del presente. Mi è capitato di ripensarci anche ragionando su cose che non c’entrano (si fa per dire) con me. Tipo le ri-traduzioni di Fitzgerald (cado sempre su questo, lo so). Ora, è vero che ce n’era bisogno, è vero che nella traduzione della Pivano c’erano delle cose da ripensare, come accade a tutte le traduzioni che hanno più di venti-trent’anni. Ma è anche vero che così è entrato nel mio orecchio Fitzgerald, prima che lo leggessi in originale. Forse mi fa meno effetto pensando a The Great Gatsby, ma se penso a Tender is The Night un po’ mi si stringe il cuore a pensare che si possa cambiare quell’inizio largo come un occhio che si apre sulla dolcezza e sui colori tenui e forti della riviera francese. Nostalgica? Non lo so. Non credo, perché poi le nuove traduzioni le leggo e le apprezzo. Non mi pare che si tratti di nostalgia, ma piuttosto di pilastri, di cose a cui siamo un po’ appesi: senza essercene resi conto certe immagini sono lì, come una canzone di dieci anni fa che ti fa pensare a un luogo o a una persona. Le canzoni, poi, si possono ricantare e anche bene, che c’entra.
Ecco, i miei sono pensieri tira e molla.
Mi importa ma non mi importa, mi piace ma non mi piace, è giusto ma anche un po’ sbagliato.
Quando fuori la luce si fa chiara, e il giorno fa capolino, di solito io prendo sonno. Dormo un paio d’ore, a volte tre, poi inizio a rallentatore le attività della mattinata. Adesso è ancora troppo presto. La schiena mi scricchiola, il collo pure, c’è un lavoro che aspetta da troppi giorni di essere finito. Questa settimana è stata tremenda. Lo dico così, per inciso, perché a un certo punto lo devo pur dire, senza sentirmi in colpa perché mi lamento. Io non mi voglio lamentare. Ma quando una settimana è tremenda, c’è poco da fare, l’unica cosa da fare è aspettare che finisca, magari consolandosi con un bel mazzo di fiori sul tavolo, con una pizza e due chiacchiere un po’ più distese, magari anche solo sognando la luce rosa e oro della riviera francese, e i tetti di una dozzina di vecchie ville (che) marcivano come ninfee in mezzo ai pini ammassati tra l’Hôtel des Étrangers di Gausse e Cannes, cinque miglia più in là.
martedì 5 aprile 2011
di cosa parliamo quando il giorno finisce (frammenti)

domenica 27 marzo 2011
paesaggio con fiore di ciliegio
Lui sogna e nel sogno si mangia un fiore -prima ci mette sopra il sale- poi canta le lodi della primavera, e poi arriva la ballerina tutta impolverata.
La mia primavera è cominciata oggi, con un pranzo buonissimo e un sole deciso che ha permesso una bella passeggiata nei prati fra le chiacchiere; poi la cernita di vecchi libri (tengo/butto/ lo prendo io/ lo prendi tu); e poi il tè e un regalo bellissimo: dei rami di ciliegio pieni di piccole gemme che diventeranno fiori trasportati a costo della vita in motorino, protetti dal parabrezza e dal cappotto, fino a qui dove, finalmente, hanno trovato posto nel vaso di cristallo grande dove di solito non entra mai niente, perché è troppo grande, appunto.
La morale è che alla fine di questa giornata mi trovo nella mia casetta bianca circondata di vecchi libri con copertine curiose e fiori che mi appaiono tanto perfetti nella loro semplicità che mi sembra un po’ di stare in un haiku.
Resto con negli occhi il giallo e il verde dell'erba nuova, l'azzurro della collina e l'ombra della cupola del Duomo, il rosa e il giallo del pesco e della forsizia, le margheritine e i cani scodinzolanti, e poi tutti i quadri e le opere d'arte di una casa che è familiare e in cui però c'è sempre qualcosa di nuovo da scoprire sulle pareti e ovunque ci si giri.
Nel frattempo
ho comprato le scarpe da ginnastica da supergiovane e ho finito Paesaggio con incendio di Aloia che mi è piaciuto. E' pieno di dettagli piccoli e precisi e in alcuni momenti mi ha scatenato riflessioni fuori dai binari che tracciava: suppongo che abbia colpito qualche corda viva e ben tesa dentro la mia testa e naturalmente è buon segno. Poi ci sono stati anche i regali di compleanno-in-ritardo delle mie amiche. Ho montato il meraviglioso teatrino di Luzzati e l'ho messo sul cassettone, e ho sfoggiato la collana magnifica (che avrei voluto disegnare io, da quanto è perfetta per me) nel bel mezzo della città che si risvegliava dai torpori invernali.
Insomma, bene. Tre giorni di piccoli successi.
domenica 13 marzo 2011
cristallo

giovedì 3 marzo 2011
la neve a marzo
Marzo.
martedì 15 febbraio 2011
strati
Oggi volevo fare tante cose, poi invece la giornata se n'è andata senza darmi il tempo di finire tutto.
Oggi ho fatto la spesa, ho cucinato una cena buona, ho letto, ho lavorato quel poco che ho lavorato, poi ho pulito la cucina e adesso mi sono messa a vedere un filmetto.
Stasera mi manca Venezia, per motivi che sono misteriosi anche per me.
Stasera mi mancano tante cose, ma non so come nominarle.
Quando le cose sono state seppellite meticolosamente, dalle coperte di pile, dal mascara, dalla sabbia delle estati, da scarpe consumate e scarpe nuove, da chili di carta -soprattutto da chili di carta - e da musica sempre diversa, poi non sai più come si chiamano. Ne riconosci, magari, l'odore, o il colore, riconosci quella malinconia che le avvolge di dolcezza e di amaro, ma più di amaro, ma non sai se le vuoi ritrovare davvero, e non sei capace di dar loro un nome.
Stasera mi mancano le parole, e forse è per questo che ho lavorato troppo poco.

mercoledì 9 febbraio 2011
L'ansietta

E ho capito una cosa chiaramente: il mio grande disagio, il più grande, passa, certo, dal teatrino della politica, dal menefreghismo delle persone, dall'incuria, dalla superficialità generale, e dalla generale ingiustizia, ma prima di tutti questi pensieri che hanno un capo e una coda, l'ansia mi viene dal fatto che mi sembra costantemente di vivere in un carnevale.
Un carnevale dei più grotteschi: quello della cartapesta di Viareggio non certo quello sofisticato delle maschere veneziane, facce gonfie e distorte, parole sputate, scherzi di pessimo gusto.
Un incubo a occhi aperti.
Un orrore.
martedì 8 febbraio 2011
doors

Sento un profumo, addosso e intorno, un profumo che riconosco.
lunedì 31 gennaio 2011
adesso
Passo le notti a tradurre, ultimamente, oppure a correggere traduzioni altrui ed è veramente, e sempre, la cosa che mi fa sentire più in pace con me stessa ad ogni attimo. Ultimamente, ero alla ricerca di non so che concetto che sapevo di aver già trovato, e mi sono persa in mezzo ad altre parole, a varie scartoffie. Come molti traduttori ho da sempre l'abitudine di annotare le cose a matita sul testo originale, (lo facevo già con le versioni a scuola) e questa cosa mi permette di ripercorrere fasi di un percorso di comprensione o incomprensione che mi dà molta sicurezza. C'è di tutto in quella scrittura piccola piccola: domande, definizioni copiate dal dizionario, disegnini, e commenti di tutti i generi. Non so dove mai riuscirò ad arrivare con questa professione che amo, ma so che disseminati sulle pagine di tutti i miei lavori ci sono tutti i dubbi che mi hanno accompagnato, e anche tutto il divertimento, e anche certe piccole ferite, e certe vicende private che solo io posso distinguere fra le righe. Nonostante tutto vivo con l'idea che mi piacerà sempre, chissà, fra vent'anni, ritrovare tutto questo.
Gennaio ha corso, ed è stato un mese di cose belle. Notizie inaspettate, foto di Celeste che ride, regali di compleanno bellissimi fra cui questo, la correzione delle poesie di Margaret Atwood e adesso la traduzione.
A tutti quelli che mi dicono che potrei desiderare tanto di più rispondo che non è vero, non è detto, che le cose possono sempre essere migliori, ma che se restano in questa media io mi sento già bene.
Credere al futuro non è mai stato il mio forte, ma a credere al presente sono parecchio allenata, e non intendo rinunciarci.
mercoledì 12 gennaio 2011
stagioni

Così ho compiuto gli anni. Ho ricevuto in regalo una foto della mia nonna e del mio nonno a una festa da ballo, tutti eleganti e sorridenti, lei in poltrona, lui appoggiato al bracciolo con l'inseparabile sigaretta fra le dita, lei con lo sguardo pulito, che ha avuto sempre, lui con quello sguardo ironico, che ha avuto sempre e che persino io mi ricordo, anche se l'ho conosciuto poco. Sembrano personaggi di un romanzo del secolo scorso, uno di quelli in cui la gente beve tanto e fuma tanto, ma non perde mai la flemma, anche se magari si stanno spezzando dei cuori o rivoluzionando delle vite fra un giro di danza e un bicchiere. L'ho messa sul cassettone, insieme alla foto di Celeste e a quella dell'Elba, cioè, dell'Eucalipto dell'Elba (che è un luogo già di per sé, un incrocio della mia vita) e mi intenerisco tutte le volte che la guardo.
Il giorno del mio compleanno mi hanno dato un lavoro bello, e improvvisamente mi sono sentita giovane e ho pensato che in fondo posso anche superare l'inventario, anche quest'anno. E poi oggi ho tenuto in braccio Federico per una decina di minuti e ci siamo fatti le facce, poi lui mi ha rigurgitato il latte sulla sciarpa e io mi sono messa a ridere e ho pensato "che tipo buffo che sei, e come sei morbido". Alle otto stasera non avevo ancora cominciato a fare i conti e a pulire, i brillantini delle piante dorate ce li avevo dappertutto, i fogli degli ordini non erano ancora archiviati e il computer si rifiutava di spegnersi.
Ho fatto un respiro e mi sono messa cinque minuti sulla porta a fumare una sigaretta nel freddino della sera, con le luci abbassate e il bandone a metà.
In quei cinque minuti ho annusato l'aria, e mi è sembrato di sentire un odorino di stagione che cambiava.
So che non è ancora ora, che il freddo durerà ancora e le giornate non si allungheranno che fra un bel po'.
Eppure c'era qualcosa nell'aria.
"Che stia succedendo qualcosa?" Mi sono chiesta.
Non ho saputo rispondere, ma il computer, quando sono rientrata, si era misteriosamente - e per motivi che solo lui sa - spento.
domenica 2 gennaio 2011
propositi

E’ il primo dell’anno, anzi no, il 2.
Mi sono addormentata alle dieci e mezza davanti a un filmetto e poi mi sono svegliata alle undici. Ho deciso che avevo voglia di leggere e mi sono resa conto solo adesso di che ore sono. Non è così strano per me, ma stasera mi fa impressione, essere qui ferma col plaid addosso a cercare la parola giusta.
Quella della parola giusta è un’ossessione di chi traduce e forse (ma chissà se viene prima l’uovo o la gallina) anche un modo di vedere le cose e di vedersi. Il sentire che hai sulla punta della lingua quell’unico aggettivo che descriverebbe perfettamente quell’istante, quel preciso, irripetibile stato d’animo o il senso profondo che ha la frase che vorresti riprodurre.
Immagino – lo immagino solo, perché non mi azzardo a provare davvero – che sia un’esperienza simile a quella di chi scrive e credo che sia per questo che mi faccio rapire da chi è capace di accuratezza e di equilibrio nel raccontare una storia. E intanto penso alle tante volte in cui quello che ho detto non è stato chiaro quanto volevo o magari è stato troppo duro o troppo debole.
Vorrei correggere questa ineguatezza, nel 2011, almeno un pochino. Quell’impressione che le cose appartengano solo a te soltanto perché non sei stato capace di descriverle nel modo migliore. Quella piccola frustrazione nel pensare che quel che provi ti resta dentro senza sfogo, per mancanza di verbi. E vorrei anche provare più spesso quel senso di ebbrezza di quando la parola giusta ti affiora sulle labbra o esce dalla punta della matita quasi naturalmente, senza sforzo, perché era lì, chiara e semplice e pronta a farsi raccogliere