Sparsi
sul letto Il nuotatore di Cognetti e
Cerri, I fichi rossi di Mazar-e Sharif
di Mohammadi, Riportando tutto a casa di
Lagioia, le fotocopie della traduzione da finire, sparpagliate e piene di note
di mille colori, la carta di un gelato, il telefono.
E
me.
Ogni
volta che mi trovo davanti a una traduzione è così, ci sono strumenti da
scegliere e suoni da accordare e ogni volta questo lavorio mi riempie di gioia.
Una
settimana tutta per me, che sta per finire e che è stata troppo breve, ma che
mi ha riscossa, come se tutto fosse solo sospeso e non interrotto. Un film
lasciato in pausa di cui non conosco ancora la fine.
Naturalmente
stare sola con i propri pensieri è inebriante tanto quanto destabilizzante. Ho
riletto vecchie lettere che dovrei proprio buttare se fossi un po’ più furba,
ho riascoltato certe vecchie cicatrici pungere e credo che non smetteranno mai
di pungere, ho riso e ho pianto senza troppi pudori e probabilmente mi serviva
di mollare un po’ certi freni, in solitaria, senza dover dare tante
spiegazioni.
Ho
visto le mie nipoti, una più bella dell’altra, e gli amici cari, uno più caro
dell’altro, poi sono tornata ai miei interrogativi, alla musica, alle parole
spezzate alle parole che non sono mai uscite, ma il senso di impotenza non mi
ha aggredita come al solito, forse ho finalmente ho imparato a non darmi la
colpa per tutto quello che mi è successo nella vita.
Non
costa poi molto immaginarsi al mare, con un po’ di ombra e un po’ di libri e il
rumore dell’onda che batte.
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