
Il mal di testa mi percuote con la violenza di un martello pneumatico e per debellarlo cerco di allungare le vertebre del collo. Nel frattempo leggo varie prime pagine di libri che ho preso negli ultimi mesi per decidere quale portare in viaggio, perché alla fine un viaggio piccolo piccolo lo farò.
Ho la testa piena di cose.
Come sempre ultimamente.
Per esempio stamattina sono stata all'Ikea, a vedere un po' di chiarirmi le idee sul mobilio minimo necessario per iniziare a vivere in una casa che è vuota. Io non vorrei comprare niente, a parte lo stretto necessario per la sopravvivenza. Tipo una cucina e sei piatti. Non voglio riempire gli spazi, anzi li vorrei il più possibile bianchi. Ed è molto più difficile del previsto, pare.
Ma non è di questo che volevo parlare.
Una ragazza con cui ho chiacchierato un po' di giorni fa all'aperitivo mi raccontava che un suo amico ha adottato la regola del possedere solo 400 cose. Quattrocento cose in tutto, incluso mobili, stoviglie, abiti, insomma tutto.
La prima domanda che tutti in coro abbiamo fatto è stata "e i libri?"
"biblioteca".
Naturalmente questo mi taglia fuori definitivamente dal gioco, perché io i libri ho bisogno che siano
miei. Tanto che quando me li prestano prima li leggo e poi me li compro. Ho bisogno di poterli annotare, tenere sotto il cuscino, stropicciare nelle borse e se necessario tirarli fuori dallo scaffale in caso di raptus alle tre di mattina per trascriverne un pezzo.
Ma la teoria è lo stesso interessante. Specie per una come me incline a conservare, per dire, i biglietti del cinema.
A quanto pare la regola dei 400 oggetti serve a vivere il presente in modo più concreto, senza rimanere legati feticisticamente alle cose e di conseguenza alle nostalgie, al passato, a ciò che custodiscono più profondamente.
Se dovessi tenere solo quattrocento oggetti, libri (e dischi, dai) a parte, da cosa non mi separerei?
Dal bollitore. Da un paio di posacenere di quelli che ho collezionato nel tempo. da stampe o cartoline attaccate alle pareti.
Mentre mi guardavo intorno per scremare, mi sono accorta che quasi tutto quello che mi circonda qua dentro è un pezzo di una vita sospesa in un tempo che non è né passato né veramente presente.
Perché il presente è già futuro, come mi hanno ammonito recentemente, e il mio futuro è un puzzle che conosco solo io.
E ho capito che una piccola brace si è spenta, mentre facevo questa considerazione.
Ha sfrigolato e si è spenta, in un ultimo leggero sbuffo.