lunedì 31 gennaio 2011

adesso


Passo le notti a tradurre, ultimamente, oppure a correggere traduzioni altrui ed è veramente, e sempre, la cosa che mi fa sentire più in pace con me stessa ad ogni attimo. Ultimamente, ero alla ricerca di non so che concetto che sapevo di aver già trovato, e mi sono persa in mezzo ad altre parole, a varie scartoffie. Come molti traduttori ho da sempre l'abitudine di annotare le cose a matita sul testo originale, (lo facevo già con le versioni a scuola) e questa cosa mi permette di ripercorrere fasi di un percorso di comprensione o incomprensione che mi dà molta sicurezza. C'è di tutto in quella scrittura piccola piccola: domande, definizioni copiate dal dizionario, disegnini, e commenti di tutti i generi. Non so dove mai riuscirò ad arrivare con questa professione che amo, ma so che disseminati sulle pagine di tutti i miei lavori ci sono tutti i dubbi che mi hanno accompagnato, e anche tutto il divertimento, e anche certe piccole ferite, e certe vicende private che solo io posso distinguere fra le righe. Nonostante tutto vivo con l'idea che mi piacerà sempre, chissà, fra vent'anni, ritrovare tutto questo.
Gennaio ha corso, ed è stato un mese di cose belle. Notizie inaspettate, foto di Celeste che ride, regali di compleanno bellissimi fra cui questo, la correzione delle poesie di Margaret Atwood e adesso la traduzione.
A tutti quelli che mi dicono che potrei desiderare tanto di più rispondo che non è vero, non è detto, che le cose possono sempre essere migliori, ma che se restano in questa media io mi sento già bene.
Credere al futuro non è mai stato il mio forte, ma a credere al presente sono parecchio allenata, e non intendo rinunciarci.

mercoledì 12 gennaio 2011

stagioni


Così ho compiuto gli anni. Ho ricevuto in regalo una foto della mia nonna e del mio nonno a una festa da ballo, tutti eleganti e sorridenti, lei in poltrona, lui appoggiato al bracciolo con l'inseparabile sigaretta fra le dita, lei con lo sguardo pulito, che ha avuto sempre, lui con quello sguardo ironico, che ha avuto sempre e che persino io mi ricordo, anche se l'ho conosciuto poco. Sembrano personaggi di un romanzo del secolo scorso, uno di quelli in cui la gente beve tanto e fuma tanto, ma non perde mai la flemma, anche se magari si stanno spezzando dei cuori o rivoluzionando delle vite fra un giro di danza e un bicchiere. L'ho messa sul cassettone, insieme alla foto di Celeste e a quella dell'Elba, cioè, dell'Eucalipto dell'Elba (che è un luogo già di per sé, un incrocio della mia vita) e mi intenerisco tutte le volte che la guardo.
Il giorno del mio compleanno mi hanno dato un lavoro bello, e improvvisamente mi sono sentita giovane e ho pensato che in fondo posso anche superare l'inventario, anche quest'anno. E poi oggi ho tenuto in braccio Federico per una decina di minuti e ci siamo fatti le facce, poi lui mi ha rigurgitato il latte sulla sciarpa e io mi sono messa a ridere e ho pensato "che tipo buffo che sei, e come sei morbido". Alle otto stasera non avevo ancora cominciato a fare i conti e a pulire, i brillantini delle piante dorate ce li avevo dappertutto, i fogli degli ordini non erano ancora archiviati e il computer si rifiutava di spegnersi.
Ho fatto un respiro e mi sono messa cinque minuti sulla porta a fumare una sigaretta nel freddino della sera, con le luci abbassate e il bandone a metà.
In quei cinque minuti ho annusato l'aria, e mi è sembrato di sentire un odorino di stagione che cambiava.
So che non è ancora ora, che il freddo durerà ancora e le giornate non si allungheranno che fra un bel po'.
Eppure c'era qualcosa nell'aria.
"Che stia succedendo qualcosa?" Mi sono chiesta.

Non ho saputo rispondere, ma il computer, quando sono rientrata, si era misteriosamente - e per motivi che solo lui sa - spento.

domenica 2 gennaio 2011

propositi


E’ il primo dell’anno, anzi no, il 2.
Mi sono addormentata alle dieci e mezza davanti a un filmetto e poi mi sono svegliata alle undici. Ho deciso che avevo voglia di leggere e mi sono resa conto solo adesso di che ore sono. Non è così strano per me, ma stasera mi fa impressione, essere qui ferma col plaid addosso a cercare la parola giusta.
Quella della parola giusta è un’ossessione di chi traduce e forse (ma chissà se viene prima l’uovo o la gallina) anche un modo di vedere le cose e di vedersi. Il sentire che hai sulla punta della lingua quell’unico aggettivo che descriverebbe perfettamente quell’istante, quel preciso, irripetibile stato d’animo o il senso profondo che ha la frase che vorresti riprodurre.
Immagino – lo immagino solo, perché non mi azzardo a provare davvero – che sia un’esperienza simile a quella di chi scrive e credo che sia per questo che mi faccio rapire da chi è capace di accuratezza e di equilibrio nel raccontare una storia. E intanto penso alle tante volte in cui quello che ho detto non è stato chiaro quanto volevo o magari è stato troppo duro o troppo debole.
Vorrei correggere questa ineguatezza, nel 2011, almeno un pochino. Quell’impressione che le cose appartengano solo a te soltanto perché non sei stato capace di descriverle nel modo migliore. Quella piccola frustrazione nel pensare che quel che provi ti resta dentro senza sfogo, per mancanza di verbi. E vorrei anche provare più spesso quel senso di ebbrezza di quando la parola giusta ti affiora sulle labbra o esce dalla punta della matita quasi naturalmente, senza sforzo, perché era lì, chiara e semplice e pronta a farsi raccogliere