giovedì 31 gennaio 2008

Mañana

Forse la mia vita cambierà.
Un cambiamento silenzioso che mi smuove la terra sotto i piedi ma che non si nota ad occhio nudo.
Un terremoto invisibile che mi mette i brividi. Oscillo fra essere terrorizzata, nostalgica, poi euforica. Poi ho di nuovo i brividi.

Lascio decidere al tempo quale delle sensazioni dovrà prevalere, per ora sono semplicemente qui, a fare quello che devo fare e a cercare tempo per fare anche altro.
E a desiderare.

lunedì 21 gennaio 2008

plexiglas

E’ lunedì e, incredibile ma vero, piove.
Ho perso il conto dei giorni di pioggia.

Io ho mal di stomaco. Non lo so perché, ma quando c’è qualcosa che mi contraria o mi intristisce mi viene mal di stomaco.
Mia madre e la sua saggezza popolare (che resiste nonostante sia donna di cultura) dice che più si va avanti con gli anni e più ti tornano i mali che avevi da piccolo.

guarda il tuo zio: da un po’ di anni a questa parte ha sempre la tosse e il mal di gola. Infatti da piccino era sempre a letto con la bronchite

Io da piccola avevo spesso mal di pancia, ma più quando ero triste che quando facevo indigestione di caramelle.
Mi ricordo (anche i miei se lo ricordano) che mi alzavo dal letto di notte -e avevo non più di tre anni- senza nemmeno svegliarli, andavo in bagno mi mettevo un dito in gola e vomitavo.
E facevo tutto per bene, mi lavavo, prendevo un bicchiere d’acqua e tornavo a letto.

Che hai fatto tesoro?
Ho gomitato.

Adesso (diciamo da qualche anno a questa parte) il mal-di-pancia-causato-da-tristezza si chiama gastrite. Ci convivo abbastanza bene, mi torna fuori raramente, però quando arriva si fa notare, non c’è che dire.

E’ arrivato stamattina, sul treno.
Mentre combattevo col sonno e con una scolaresca veneta che andava in gita a Roma ruttando e alzando violentemente la loro musica in uno stereo portatile.

[Colgo l’occasione per aggiungere che no, prof, non è “perché sono ragazzi” è perché sono dei gran cafoni. Per dirla delicatamente. E qualche volta uno potrebbe anche tentare la carta dell’impopolarità e sequestrare lo stereo, invece di ridacchiare dicendo “che ci posso fare sono giovani..”
Magari fra dieci anni, quando non saranno più “ragazzi” ma adulti, potrebbero anche esserle grati di saper convivere con altra gente su un treno senza bestemmiare e cacciarsi le dita nel naso.]

Non riesco più a liberarmi come da piccola.
Mi rimane questa malinconia dentro, si spande, mi fa entrare in una specie di scatola di vetro. Poi passa da sé e si scioglie.
Non mi devo fermare troppo a pensare io.
Devo muovere le gambe, sempre e comunque.

giovedì 17 gennaio 2008

colori

In questa giornata di pioggia incessante, incessante inventario, polvere, mani secche, occhi lucidi davanti al computer, testa piena di codici cifre e misure, telefonate disarmanti, mamma ansiosa e fame (ho avuto fame tutto il giorno, come se le mie mandibole fossero a digiuno da una settimana, masticavo anche l'aria, oltre che le dita, le labbra e il bicchierino di plastica in cui bevo il tè), a un certo punto mi sono immaginata di essere a Roma e di assistere a l'immagine delle palline che hanno inondato Piazza di Spagna.

Mi ci vuole colore.
E un asciugacapelli per togliermi l'umido dalle ossa.

venerdì 11 gennaio 2008

30

il regalo che mi sono fatta è un taglio di capelli da signorina e una cena. Ah, anche tre matite prese al supermercato.
il regalo che mi hanno fatto (per ora) è stato riportarmi il computer stamattina, quindi fine della bella abitudine di leggere un libro intero a sera (ahimè) ma via libera ai filmetti rilassanti della buonanotte.
il regalo che ho fatto è stato rivelare un ricordo scabroso della mia vita. Nel farlo mi sono liberata in un certo senso anche del malessere che si portava dietro. Quindi a ben vedere è un altro regalo che mi sono fatta.

Gli auguri più belli sono stati due.
Uno diceva: "buon compleanno splendida donna"
yeah.

lunedì 7 gennaio 2008

day after

E’ passata, anche quest’anno è passata.

Passato il Natale, passata l’Epifania, passata la scena della mamma che come ogni anno si nasconde in camera da letto a impacchettare le cose (sempre in ritardo, sempre, mentre io e il babbo aspettiamo a tavola coi crostini fumanti e la fame delle grandi occasioni), passata l’abbuffata di telefonate di rito a parenti lontani, zie monache novantenni, bambini costretti a fare ciao per telefono mentre vorrebbero essere nell’altra stanza a godersi finalmente la play station nuova.

Anche quest’anno è tutto più o meno archiviato.

Ieri mentre tornavo a casa in motorino sul lungarno mi sono immersa in un nebbione da film. E’ stato come sprofondare sotto una coperta, il faro appena illuminava quel metro e mezzo di strada utile da vedere per non uccidersi e per non uccidere qualcuno, i lampioni sembravano lampadine infilate dentro lo zucchero filato, fiochi fiochi, e non si vedeva altro che nero prima e dopo. Non si vedevano i ponti, non si vedeva il cielo, non si vedeva l’acqua.

E’ stato lì che i miei pensieri hanno cominciato ad andare per conto loro e ad ovattarsi anche loro: ho pensato al calore, al grande calore che ho intorno e dentro.

Ho pensato a certi sguardi complici e all’insistenza di certi amori che si snodano e si srotolano e si modificano ma restano sempre lì, immutabili. Ho pensato alla mia grande ricchezza e di contro alla fatica e alle tasche sempre mezze vuote.

A casa ho letto un paio di libri appena ricevuti, mi sono commossa con la musica, ho riordinato i regali nuovi e riletto bigliettini, poi sono andata a letto, con un maglione vecchio che uso per dormire quando fa molto freddo, e mi sono sentita riscaldata da una specie di speranza, debole eppure persistente, che non è lo spirito del Natale, e non è nulla di melodrammatico. Piuttosto è una specie di certezza di sapere che ho fatto tutta la fatica che ho fatto per qualcosa, qualcosa che anche se a prima vista non si vede mi rende più solida, più rispettosa per il mio passato e un po’ meno pessimista per il futuro.

E’ arrivato il 2008, sono nuovi i calendari e a breve sarà nuova anche la mia età.

Ho un sacco da fare.