ritengo che per comprendere interamente una sola cosa, non importa quanto sia minuscola, occorra la comprensione di ogni altra cosa al mondo. Ecco perché a volte mi do per vinto di fronte alle cose più semplici; ecco perché non mi dispiace di passare una vita intera nel prepararmi a iniziare la mia indagine. (John Barth. L'opera galleggiante)
giovedì 31 gennaio 2008
Mañana
Un cambiamento silenzioso che mi smuove la terra sotto i piedi ma che non si nota ad occhio nudo.
Un terremoto invisibile che mi mette i brividi. Oscillo fra essere terrorizzata, nostalgica, poi euforica. Poi ho di nuovo i brividi.
Lascio decidere al tempo quale delle sensazioni dovrà prevalere, per ora sono semplicemente qui, a fare quello che devo fare e a cercare tempo per fare anche altro.
E a desiderare.
mercoledì 23 gennaio 2008
lunedì 21 gennaio 2008
plexiglas
Ho perso il conto dei giorni di pioggia.
Mia madre e la sua saggezza popolare (che resiste nonostante sia donna di cultura) dice che più si va avanti con gli anni e più ti tornano i mali che avevi da piccolo.
“guarda il tuo zio: da un po’ di anni a questa parte ha sempre la tosse e il mal di gola. Infatti da piccino era sempre a letto con la bronchite”
Io da piccola avevo spesso mal di pancia, ma più quando ero triste che quando facevo indigestione di caramelle.
Mi ricordo (anche i miei se lo ricordano) che mi alzavo dal letto di notte -e avevo non più di tre anni- senza nemmeno svegliarli, andavo in bagno mi mettevo un dito in gola e vomitavo.
E facevo tutto per bene, mi lavavo, prendevo un bicchiere d’acqua e tornavo a letto.
“Che hai fatto tesoro?”
“Ho gomitato.”
E’ arrivato stamattina, sul treno.
Mentre combattevo col sonno e con una scolaresca veneta che andava in gita a Roma ruttando e alzando violentemente la loro musica in uno stereo portatile.
[Colgo l’occasione per aggiungere che no, prof, non è “perché sono ragazzi” è perché sono dei gran cafoni. Per dirla delicatamente. E qualche volta uno potrebbe anche tentare la carta dell’impopolarità e sequestrare lo stereo, invece di ridacchiare dicendo “che ci posso fare sono giovani..”
Magari fra dieci anni, quando non saranno più “ragazzi” ma adulti, potrebbero anche esserle grati di saper convivere con altra gente su un treno senza bestemmiare e cacciarsi le dita nel naso.]
Mi rimane questa malinconia dentro, si spande, mi fa entrare in una specie di scatola di vetro. Poi passa da sé e si scioglie.
Non mi devo fermare troppo a pensare io.
Devo muovere le gambe, sempre e comunque.
giovedì 17 gennaio 2008
colori
Mi ci vuole colore.
E un asciugacapelli per togliermi l'umido dalle ossa.
venerdì 11 gennaio 2008
30
il regalo che mi hanno fatto (per ora) è stato riportarmi il computer stamattina, quindi fine della bella abitudine di leggere un libro intero a sera (ahimè) ma via libera ai filmetti rilassanti della buonanotte.
il regalo che ho fatto è stato rivelare un ricordo scabroso della mia vita. Nel farlo mi sono liberata in un certo senso anche del malessere che si portava dietro. Quindi a ben vedere è un altro regalo che mi sono fatta.
Gli auguri più belli sono stati due.
Uno diceva: "buon compleanno splendida donna"
yeah.
lunedì 7 gennaio 2008
day after
Passato il Natale, passata l’Epifania, passata la scena della mamma che come ogni anno si nasconde in camera da letto a impacchettare le cose (sempre in ritardo, sempre, mentre io e il babbo aspettiamo a tavola coi crostini fumanti e la fame delle grandi occasioni), passata l’abbuffata di telefonate di rito a parenti lontani, zie monache novantenni, bambini costretti a fare ciao per telefono mentre vorrebbero essere nell’altra stanza a godersi finalmente la play station nuova.
E’ stato lì che i miei pensieri hanno cominciato ad andare per conto loro e ad ovattarsi anche loro: ho pensato al calore, al grande calore che ho intorno e dentro.
A casa ho letto un paio di libri appena ricevuti, mi sono commossa con la musica, ho riordinato i regali nuovi e riletto bigliettini, poi sono andata a letto, con un maglione vecchio che uso per dormire quando fa molto freddo, e mi sono sentita riscaldata da una specie di speranza, debole eppure persistente, che non è lo spirito del Natale, e non è nulla di melodrammatico. Piuttosto è una specie di certezza di sapere che ho fatto tutta la fatica che ho fatto per qualcosa, qualcosa che anche se a prima vista non si vede mi rende più solida, più rispettosa per il mio passato e un po’ meno pessimista per il futuro.
Ho un sacco da fare.